Come il cibo d’asporto aumenta l’inquinamento e i rifiuti in plastica. Lo studio malese

Troppo smog spinge chi lavora ad ordinare cibo evitando di uscire, questo però confezionato in plastica contribuisce a sua volta ad inquinare

I ricercatori della National University of Singapore (NUS) hanno scoperto un legame tra inquinamento atmosferico, consegna del cibo e rifiuti di plastica.

In uno studio pubblicato su Nature Human Behaviour, un team di scienziati malesi ha scoperto che più l’aria è inquinata più è probabile che i dipendenti che in quel momento stanno lavorando utilizzino i servizi di consegna di cibo, evitando di consumare il pranzo al ristorante. Questa abitudine, però, aumenta i rifiuti in plastica a causa degli imballaggi alimentari utilizzati per il cibo da asporto e di conseguenza l’inquinamento stesso.

Una sorta di circolo vizioso, insomma.

“Mentre vediamo più ricerche sull’impatto che l’inquinamento da plastica sta avendo sull’ambiente naturale, ci sono meno lavori per cercare di capire il comportamento umano che guida l’inquinamento da plastica –  ha dichiarato Alberto Salvo, uno degli autori dello studio, in un comunicato stampa – È qui che il nostro studio cerca di contribuire, trovando un forte legame causale tra inquinamento atmosferico e rifiuti di plastica attraverso la domanda di consegna di cibo“.

Lo studio ha esaminato le scelte per il pranzo di 251 impiegati per 11 giorni lavorativi in tre città cinesi note per i livelli di smog: Pechino, Shenyang e Shijiazhuang. I ricercatori hanno anche esaminato i dati di una piattaforma di consegna di cibo online con oltre 350.000 utenti.

Confrontando entrambi i set di dati con quelli relativi all’inquinamento atmosferico durante l’ora di pranzo, i ricercatori NUS hanno scoperto che i dipendenti avevano il 43% in più di probabilità di ordinare cibo a domicilio quando c’era un aumento di 100 μg m-3 dell’inquinamento da particolato (PM2,5).

Durante il momento del pranzo, esaminato dai ricercatori del NUS, i livelli di PM2,5 erano talmente alti da rendere l’inquinamento altamente visibile.

“Di fronte allo smog o alla foschia all’esterno, un tipico impiegato all’ora di pranzo può evitare l’esposizione solo ordinando che il cibo venga consegnato a casa sua”, ha dichiarato il ricercatore NUS Chu Junhong.

In una seconda parte dello studio, gli impiegati hanno presentato le foto dei loro pranzi, che i ricercatori hanno utilizzato per quantificare la plastica usa e getta utilizzata.

Non sorprende che i ricercatori abbiano scoperto che nei pasti consegnati si utilizzava molta più plastica rispetto ai pasti consumati nei ristoranti. In media, il cibo da asporto utilizzava 2,8 articoli di plastica monouso per un totale di circa 54 grammi di plastica. In confronto, il pasto  al ristorante utilizzava una media di soli 6,6 grammi di plastica.

Come spiega il video, il Covid non ha fatto altro che aumentare un problema già esistente, aumentando la domanda di pasti consegnati che, nella maggior parte dei casi, sono appunto confezionati in plastica.

Lo studio mostra in pratica come le persone contribuiscano, più o meno inavvertitamente e inconsapevolmente, all’aumento dei rifiuti di plastica perché stanno cercando di evitare l’inquinamento atmosferico.

Una questione che interessa, sia pure per motivi differenti (fortunatamente non ordiniamo cibo per fuggire all’inquinamento), anche il nostro paese. E ora più che mai, considerando i nuovi provvedimenti che limitano la possibilità di frequentare i ristoranti e che favoriscono invece le consegne a domicilio di cibi e bevande.

Nei paesi particolarmente inquinati, aggiunge il professor Liu, il controllo dell’inquinamento atmosferico potrebbe ridurre i rifiuti di plastica“.

I ricercatori sperano inoltre che il loro lavoro si aggiunga alle ormai tante voci che, in tutto il mondo,  richiedono imballaggi più rispettosi dell’ambiente e una migliore gestione dei rifiuti.

Fonte: Nus / Nature Human Behaviour

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram