Venezia verrà sommersa dall'acqua entro il 2100 e il livello del mar Adriatico si innalzerà di 140 centimetri. Sono le previsioni di un nuovo studio sulle conseguenze dei cambiamenti climatici per l'Italia e per le coste del Mediterraneo. Nel nostro Paese ci sono 33 aree a rischio.
L’innalzamento dei mari è provocato dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera. Secondo il nuovo studio per il Mediterraneo l’innalzamento dei livelli delle acque sarà pari a 90 centimetri. Ecco dunque che è facile comprendere gli eventuali pericoli per le città costiere di tutta Italia e del Mediterraneo.
Si prevede non solo che Venezia potrà essere sommersa ma anche che per città come Napoli si conteranno centinaia di milioni di danni.
Le città più a rischio per l’innalzamento delle acque dell’Adriatico entro la fine di questo secolo sono quelle che si trovano sulle coste dell’Alto Adriatico, tra Trieste e Ravenna con le maggior preoccupazioni per Venezia, una vera e propria ‘perla’ per il nostro Paese che potrebbe scomparire in tutta la sua bellezza.
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Altre città che potrebbero essere minacciate dall’innalzamento dei mari italiani, otre Napoli e Venezia, sono Catania, Cagliari e Oristano.
Da tempo gli esperti dei cambiamenti climatici stanno prevedendo l’innalzamento delle acque del Mediterraneo e i nuovi studi stanno individuando via via zone di rischio più specifiche che secondo l’ultima ricerca riguardano soprattutto il nostro Paese. Inoltre, le zone di Salerno, Otranto, Lecce e Brindisi sono quelle in cui si è registrato un maggior innalzamento del livello del mare negli ultimi anni.
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Nello specifico la nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Quaternary International.
I ricercatori hanno sottolineato che l’accelerazione dell’innalzamento del livello del mare è causata principalmente dai cambiamenti climatici e dall’aumento della concentrazione di Co2 in atmosfera che ha ormai superato in molte parti del mondo la soglia dei 400 ppm, un valore che non era mai stato raggiunto sulla Terra negli ultimi 23 milioni di anni.
La ricerca internazionale è stata coordinata dall’ENEA e ha preso in esame 13 siti archeologici costieri dove venivano estratte le mole per la macinazione delle olive, per studiare l’innalzamento del Mediterraneo negli ultimi 1.000 anni, come mostra questo video.
“In mille anni il Mediterraneo è aumentato da un minimo di 6 a un massimo di 33 cm, un livello inferiore del 65 per cento rispetto alle più recenti proiezioni dell’IPCC, secondo le quali l’innalzamento del mare a livello mondiale è stimato tra i 60 e i 95 cm entro il 2100. Si tratta di un’evidente accelerazione, dovuta principalmente al cambiamento climatico causato dall’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, che negli ultimi quattro anni ha superato in modo stabile il valore di 400 ppm, un livello mai toccato sulla Terra negli ultimi 23 milioni di anni” – ha spiegato Fabrizio Antonioli del Laboratorio Modellistica Climatica e Impatti dell’ENEA.
L’aumento più elevato è stato riscontrato in Grecia a Nea Peramos sul golfo Saronico vicino ad Atene, mentre il valore più basso è stato misurato nell’isola spagnola di Maiorca.
Questo studio è stato realizzato in aree stabilida un punto di vista tettonico, alcune anche parzialmente sommerse, coniugando scienza e archeologia”. In Italia l’indagine si è concentrata in tre aree del sud – Scario (Salerno), Torre Santa Sabina, vicino Otranto (Lecce) e Punta Penne (Brindisi) – dove il livello del mare si è innalzato di circa 15 cm negli ultimi mille anni.
“In Italia sono 33 le aree a rischio a causa dell’aumento del livello del mare. Le zone più estese si trovano sulla costa settentrionale del mare Adriatico tra Trieste e Ravenna, altre aree particolarmente vulnerabili sono le pianure costiere della Versilia, di Fiumicino, le Piane Pontina e di Fondi, del Sele e del Volturno, l’area costiera di Catania e quelle di Cagliari e Oristano. Il massimo aumento del livello delle acque è atteso nel Nord Adriatico dove la somma del mare che sale e della costa che scende raggiungerà valori compresi tra 90 e 140 centimetri” – ha concluso l’ENEA.
Qualcuno ha ancora il coraggio di negare gli effetti sul clima delle attività umane, a partire dall’aumento incontrollato delle emissioni di Co2?