Da una parte ci sono i Mapuche dall’altra il colosso Benetton, impegnati da anni in una battaglia legale che coinvolge tutto lo Stato argentino. In ballo, ci sono le terre degli indigeni sfruttate per l’allevamento del bestiame.
Da una parte ci sono i Mapuche dall’altra il colosso Benetton, impegnati da anni in una battaglia legale che coinvolge tutto lo Stato argentino. In ballo, ci sono le terre degli indigeni sfruttate per l’allevamento del bestiame.
È l’ennesima storia del forte che vuole vincere a tutti i costi sul più debole, una storia controversa che coinvolge da vicino i Mapuche, una popolazione indigena che vive tra Cile e Argentina, difesa da Amnesty International.
Il ‘Popolo della terra’, questo significa appunto Mapuche continua a lottare contro la sottrazione delle proprie terre ancestrali, fonte primaria della propria sopravvivenza.
La comunità venera appunto le Ngen, le forze della natura traendo da esse il benessere quotidiano. Una tradizione che va avanti da generazioni che rischia però di essere interrotta dal profitto dell’Occidente.
I Mapuche sono rimasti in pochi per questo motivo, ma continuano a battersi per la loro wallmapu, la terra.
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Le terre ancestrali in mano a Benetton
Tutto ha inizio nel lontano 1991 quando i Benetton, nome noto nel settore abbigliamento, acquistano per 50milioni di dollari la Compañía de Tierras Sud Argentino (CTSA), una compagnia inglese fondata a Londra nel 1889 e contemporaneamente 900mila ettari di terre della Patagonia.
Terre in cui vivevano i Mapuche, sfrattati per fare posto a oltre 200mila ovini che producono lana importata in Europa e oltre 16mila bovini destinati al macello.
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Per anni, Benetton continua indisturbata a sfruttare le terre argentine. Ma nel 2002 qualcosa cambia. Atilio Curiñanco e Rosa Rúa Nahuelquir, due Mapuche decidono di tornare nelle loro terre ancestrali.
Chiedono l’autorizzazione (solo verbale) alle istituzioni locali e si trasferiscono con i quattro figli nel lotto Santa Rosa. Ma dopo appena due mesi, la famiglia viene sfrattata dalla polizia. La denuncia arriva dalla CTSA dei Benetton per occupazione abusiva.
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Si arriva addirittura in tribunale, dove il colosso italiano accusa i due Mapuche di ‘occupazione occulta con metodi violenti’. La famiglia viene assolta in sede penale, ma è costretta a restituire il lotto.
Le conseguenze sono quelle che vedono un’intera comunità di indigeni ribellarsi a un sistema che di fatto li ha allontanati per sempre dalle loro terre.
Nel 2004 la famiglia Curiñanco incontra l’imprenditore Luciano Benetton che tenta di offrire 7500 ettari di terre agli indigeni della provincia di Chubut. Ma secondo i Mapuche e lo stesso governo argentino, Benetton non può donare qualcosa che non possiede.
Nel 2007 altri Mapuche tornano nel lotto di Santa Rosa, continuamente preso di mira da denunce e sfratti.
Una situazione atavica che trova un fondamento storico spiegato dalla stessa Benetton in una nota. Solo nel 1994, lo Stato argentino ha inserito nella propria Costituzione il riconoscimento della facoltà giuridica di queste comunità di possedere le terre che occupavano tradizionalmente.
Benetton ha comprato di fatto le terre nel 1991 e si appella ai diritti di proprietà di terre che all’epoca legalmente non appartenevano di diritto agli indigeni.
Una delle soluzioni proposte è quella che sia lo Stato argentino a ricomprare le terre per poi restituirle alla comunità locale. La situazione al momento è congelata.
Infatti, secondo la legge argentina 26894 tutti gli sfratti sono tecnicamente proibiti fino al novembre 2017, tempo che il governo si è preso per trovare una soluzione valida.
Dominella Trunfio