Da due settimane gas tossici e acqua contaminata da idrocarburi stanno distruggendo la vita degli abitanti di Baghjan in India.
Da due settimane gas tossici e acqua contaminata da idrocarburi stanno distruggendo la vita degli abitanti di Baghjan in India. Il tutto per colpa dell’esplosione di un pozzo petrolifero nel campo di estrazione della Oil India Limited (Oil India). Un disastro ambientale che mostra ancora una volta, l’indifferenza più totale delle compagnie petrolifere nei confronti dei residenti e della biodiversità.
Il campo estrattivo di Baghjan si trova vicino le paludi di Maguri-Motapung che fanno parte del Parco Nazionale di Dibru-Saikhowa.
Inutile sottolineare che qui vivono centinaia di uccelli, pesci e perfino il delfino del Gange. La fuoriuscita quindi ha destato preoccupazione, ma ad oggi la situazione è preoccupante perché nonostante sia stata gettata acqua fredda per evitare esplosioni, il pozzo si era comunque incendiato causando la morte di due pompieri. Ma non solo, gli abitanti di Baghjan sono stati costretti a un esodo forzato. Le loro coltivazioni sono state devastate, molti mammiferi, uccelli, rettili e pesci sono morti, compreso un delfino del Gange in via di estinzione e uno scoiattolo volante.
La zona come dicevamo, è nota perché ospita alcuni animali in via d’estinzione, ma si sa quando miniere e campi estrattivi iniziano la loro attività, le esigenze della popolazione e l’impatto sugli animali vengono messi in secondo piano.
Le aziende petrolifere hanno dimostrato la loro completa incapacità e incompetenza nell’ affrontare una calamità. Senza dimenticare che il Parco Nazionale di Dibru-Saikhowa è un cuscinetto naturale e una zona eco-sensibile, ma anche una delle principali destinazioni di turisti nazionali e stranieri, che dà lavoro a tantissimi abitanti del villaggio. Ora la zona umida è coperta da uno strato di petrolio e sta soffocando molte forme di vita. Per colpa poi dei monsoni, i livelli dell’acqua sono molto alti e questo strato oleoso arriverà fino al fiume Brahmaputra e nelle rotte fluviali lungo Majuli fino a Dhubri.
Gli uccelli migratori che arriveranno entro la fine di settembre difficilmente troveranno un habitat idoneo alla riproduzione. Ora, dopo lo scoppio a Baghjan, le compagnie non hanno altre scuse, ma il punto è che cercano di evitare l’udienza pubblica per affrontare il disastro. Da Singapore sono arrivati degli esperti sostenendo che in loco non c’è nessuna competenza per gestire questa emergenza.
E mentre le società devono essere ritenute responsabili e devono compensare la perdita, si deve comprendere che nessuna compensazione potrà mai recuperare habitat naturali che si sono evoluti nel corso di migliaia di anni e ridare la tranquillità a centinaia di persone.
Fonti: Mongabay India/Outlook India/Finantial Express
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