All'indomani del tragico incendio scoppiato in una fabbrica di solventi, si effettuano controlli e rilevamenti per monitorare la qualità dell'aria
Vi abbiamo raccontato ieri del terribile incendio che si è sviluppato nel comune di San Giuliano Milanese (Milano), divampato all’interno della zona industriale di Sesto Ulteriano. Le fiamme si sono sprigionate all’interno di un’azienda che si occupa del recupero di solventi e dello smaltimento di rifiuti pericolosi.
Non si sono registrate vittime, ma alcuni tra i dipendenti sono rimasti ustionati dalle esplosioni e sono state portate in ospedale (uno versa in gravissime condizioni e ha ustioni su tutto il corpo). Si teme però l’ennesimo disastro ambientale: migliaia di litri di solvente sono andati letteralmente in fumo, sprigionando nell’aria sostanze chimiche pericolose per la salute umana e per l’ambiente.
Mentre il primo cittadino di San Giuliano invitava i residenti a tenere le finestre chiuse e tenersi lontani dalla zona dell’incendio, già nel pomeriggio di ieri sono giunti sul posto gli esperti di ARPA Lombardia, che hanno effettuato analisi e rilevazioni nelle aree attorno al sito dell’incendio.
I primi risultati raccolti sembrano tranquillizzare la popolazione: le rilevazioni effettuate non hanno evidenziato significative variazioni della concentrazione degli inquinanti monitorati. Gli esperti hanno anche installato due strumenti per il campionamento dei microinquinanti (diossine e IPA) in due diversi punti del territorio comunale, in considerazione della possibile ricaduta dei fumi.
Queste rassicurazioni non hanno però convinto l’associazione ambientalista Legambiente. In una dichiarazione la presidente di Legambiente Lombardia, Barbara Meggetto, ha affermato di temere per le gravi conseguenze ambientali di questo incendio, purtroppo certe.
Mentre le autorità competenti condurranno le indagini necessarie a risalire alle cause dell’incendio per stabilire se ci sono responsabilità o illeciti, assistiamo ad un paradosso – spiega Meggetto.
Le aziende a rischio di incidente rilevante inserite nel censimento ufficiale che recepisce la direttiva europea Seveso III devono seguire un rigido protocollo, rispetto ad altre che trattano materiali altrettanto pericolosi o rifiuti speciali, ma il cui ciclo produttivo è sottoposto ad Autorizzazione integrata ambientale. In un comparto così denso di aziende come è quello di Sesto Ulteriano, purtroppo le precauzioni risultano non essere mai abbastanza.
La direttiva Seveso
La normativa Seveso trae la sua origine e il suo nome da un drammatico incidente avvenuto a Seveso (Brianza) il 10 luglio del 1976. Una drammatica esplosione nel reattore chimico dell’ICMESA provocò una nube di gas altamente tossico, contenente circa 12 chilogrammi di tossine.
La nube contaminò l’aria, l’acqua e il suolo dell’intera area, coinvolgendo direttamente 158 dipendenti dello stabilimento e 37.000 abitanti della zona. Ma non solo: le tossine andarono a danneggiare il patrimonio genetico delle persone colpite e l’effetto tossico si estese anche alla generazione successiva.
Dopo questo tragico incidente, le popolazioni residenti in prospicienza di stabilimenti chimici iniziarono a maturare la consapevolezza di precarietà rispetto alle problematiche di sicurezza e di tutela della popolazione e dell’ambiente.
Da quel momento ebbe inizio un iter legislativo che portò alla creazione, nel 1988, di una normativa ad hoc che regolamentasse gli aspetti di sicurezza e protezione dell’ambiente di particolari impianti pericolosi: è la nascita della Direttiva Seveso.
Attualmente la normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 105 del 26 giugno 2015, che recepisce la Direttiva 2012/18/UE (nota anche come Seveso III), entrato in vigore il 29 luglio 2015. Secondo tale normativa, un incidente industriale è rilevante se si configura come:
un’emissione, un incendio o una esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento […] e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana e per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose. (D.Lgs. n. 105/2015)
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Fonti: ARPA Lombardia / Legambiente Lombardia / MiTE
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