I ricercatori stimano che gli incendi insieme al disgelo improvviso potrebbero aumentare le emissioni di carbonio fino al 40% entro il 2100
Il rapido riscaldamento della tundra Artica ha portato a un aumento degli incendi e sta sciogliendo il permafrost, ricco di carbonio. E’ questo il triste bilancio di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, che svela però un altro amaro retroscena.
Condotto dagli scienziati del Woodweel Climate Research Center, lo studio ha rivelato che il riscaldamento dell’Artico renderà ancora più difficile frenare i cambiament climatici. Il motivo è chiaro: poiché lo scongelamento del permafrost e gli incendi rilasciano gas serra che non sono pienamente considerati negli accordi sulle emissioni globali, di fatto la Terra sta facendo i conti con veleni di cui non si ha traccia.
I ricercatori stimano che gli incendi insieme a eventi di disgelo improvviso potrebbero aumentare le emissioni di carbonio fino al 40% entro la fine del secolo, a meno che le emissioni di combustibili fossili non vengano drasticamente ridotte. Ciò farebbe saltare il “budget delle emissioni” globale, una stima scientifica di quanto il mondo possa emettere prima che le temperature globali medie aumentino di oltre 1,5 gradi.
Cosa accade quando il permafrost si scioglie
Quando le temperature aumentano e il permafrost si scioglie, vengono rilasciati anidride carbonica e metano intrappolati nel terreno congelato da tempo. Più forte è il disgelo, più gas vengono rilasciati. Ciò può innescare un circolo vizioso che contribuisce a un riscaldamento ancora maggiore dell’atmosfera, secondo gli autori dello studio.
La regione del permafrost contiene un’enorme riserva congelata di carbonio organico antico per un totale di circa il doppio della quantità di carbonio presente nell’atmosfera terrestre. Questo carbonio si è accumulato per decine di migliaia di anni, quando le basse temperature hanno protetto il materiale organico ricco di carbonio (derivato da piante e animali morti) dalla decomposizione microbica. Tuttavia, il riscaldamento e lo scongelamento del permafrost favoriscono la decomposizione di questa materia organica una volta congelata, minacciando di trasformare questo “pozzo” di carbonio artico in una fonte netta di gas serra nell’atmosfera.
Il disgelo del permafrost può anche essere notevolmente esacerbato da eventi di disgelo bruschi, che causano un ampio collasso del terreno in aree con ghiaccio ad alta quota. A ciò si aggiunge la maggiore presenza di incendi artici che emettono grandi quantità di carbonio sia direttamente, dalla combustione, che indirettamente accelerando il disgelo del permafrost.
“Il disgelo del permafrost indotto dal fuoco e la successiva decomposizione di materia organica precedentemente congelata potrebbero essere una fonte dominante di emissioni di carbonio nell’Artico nei prossimi decenni” spiegano gli autori.
Secondo l’analisi, le emissioni del disgelo del permafrost e degli incendi artici non sono state completamente contabilizzate nei bilanci delle emissioni globali. L’estate del 2020 ha visto un’ondata di caldo record in Siberia durante la quale le temperature hanno raggiunto i 38 ° C, la temperatura più alta mai registrata all’interno del Circolo Polare Artico.
Nello stesso anno, incendi artici senza precedenti hanno rilasciato il 35% in più di CO2 rispetto al 2019 (il precedente record per le emissioni di incendi artici dal 2003) e il minimo del ghiaccio marino artico è stato il secondo più basso mai registrato. Questi sono chiari richiami agli effetti estremi e accelerati del cambiamento climatico nelle regioni settentrionali. L’Artico si è già riscaldato di oltre 2° al di sopra del livello preindustriale e si prevede che questo rapido riscaldamento possa raddoppiare entro la metà del secolo.
Secondo gli scienziati, i cambiamenti climatici stanno gravando anche sulle comunità e gli ecosistemi del nord ma non è “solo” un problema loro. A causa delle emissioni di gas serra dovute allo scongelamento del permafrost e agli incendi, il rapido riscaldamento dell’Artico minaccia l’intero pianeta e complica la già difficile sfida di limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C o 2 ° C, prevista dall’Accordo di parigi.
Anche l’Antartide trema. Un nuovo studio ha rivelato infatti che il disgelo potrebbe innescare una serie di reazioni a catena, provocando piogge monsoniche al Polo Sud.
Giovedì, i delegati di Stati Uniti, Russia, Canada e paesi scandinavi dovrebbero discutere le sfide climatiche della regione durante la riunione biennale del Consiglio artico a Reykjavik, in Islanda. Gli scienziati sperano che la riunione produrrà una dichiarazione sull’importanza di affrontare il disgelo del permafrost.
Fonti di riferimento: Pnas, Reuters
LEGGI anche:
- La nuova minaccia climatica dell’Alaska: tsunami causati dallo scioglimento del permafrost
- Allarme antrace in Siberia: lo scioglimento del permafrost mette a rischio ambiente e indigeni
- La fusione del permafrost dietro la fuoriuscita di carburante nell’Artico: è una bomba a orologeria
- Il permafrost rischia di sciogliersi entro 10 anni e non 100 come previsto, l’allarme di un esperto russo