Il Rio Madeira è invaso dalle zattere dei cercatori d’oro

Più di 300 zattere stanno dragando illegalmente il letto di uno dei fiumi più importanti dell’Amazzonia brasiliana

Da ormai due settimane il Rio Madeira, uno dei fiumi più importanti dell’Amazzonia brasiliana, è stato letteralmente preso d’assalto dalle zattere dei cercatori d’oro (i cosiddetti garimpeiros, ovvero i minatori indipendenti, che lavorano autonomamente). È accaduto dopo che si è sparsa la voce che ad Autazes qualcuno aveva trovato l’oro. La ricerca prosegue senza sosta e senza alcun intervento da parte delle autorità locali, malgrado le denunce della popolazione. Lo rivela, sul proprio sito, l’associazione ambientalista Greenpeace Brasil, che qualche giorno fa ha sorvolato l’area raccogliendo testimonianze fotografiche del fenomeno.

Abbiamo verificato che le navi stanno effettivamente lavorando sul letto del fiume Madeira, estraendo oro in una regione situata tra le città di Autazes e Nova Olinda do Norte – denunciano gli attivisti. –  Più precisamente, nelle vicinanze di Rosarinho. Rosarinho è famosa per il suo piccolo porto che viene utilizzato dagli abitanti di città come Nova Olinda do Norte, Borba e Novo Aripuanã per prendere piccole barche e andare a Manaus.

I cercatori d’oro provengono dal sud dell’Amazzonia e sanno di poter contare sull’appoggio di uomini d’affari e politici per proseguire quest’attività illegale – anche se, almeno ufficialmente, le autorità si sono mobilitate per condurre indagini: l’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali sostenibili (IBAMA) e l’Amazonas Environmental Protection Institute (IPAAM) hanno riferito di essere a conoscenza di ciò che sta accadendo ad Autazes e che di stare indagando. La popolazione locale è divisa fra chi è eccitato per la scoperta dell’oro e collabora con i garimpeiros e chi invece, come anche gli ambientalisti, esprime preoccupazione per i danni ambientali che quest’attività estrattiva infliggerà al territorio – in primo luogo, la contaminazione da mercurio.

Mentre il mondo intero è alla ricerca di modi per risolvere la crisi climatica, il Brasile sta investendo nell’opposto – afferma Danicley de Aguiar, portavoce della campagna amazzonica di Greenpeace Brasil. – Quello che abbiamo visto è lo ma messa in atto di un delitto che si svolge alla luce del giorno – avallato, ovviamente, dal presidente Bolsonaro. Indebolendo l’ispezione ambientale, Bolsonaro fa spazio a questo tipi crimini. Questa invasione di minatori è un altro esempio del fatto che l’Amazzonia sia abbandonata a se stessa. Ma non possiamo più tacere, dobbiamo interrompere il ciclo di questa economia di distruzione.

(Leggi anche: La tribù indigena Yanomami a rischio estinzione per colpa dei cercatori d’oro)

Secondo uno studio di qualche mese fa, le aree estrattive in Brasile sono aumentate di ben sei volte negli ultimi 35 anni, passando da 31.000 a 206.000 ettari – il 97% delle quali si trova nelle foreste pluviali dell’Amazzonia brasiliana. L’espansione ha coinvolto soprattutto territori indigeni, dove i controlli dello Stato non arrivano: qui l’estrazione mineraria sarebbe un crimine vietato da un articolo della Costituzione federale, ma prosegue nel silenzio generale. Ma è negli ultimi 10 anni che la crescita è stata più feroce: fra il 2010 e il 2020 l’area invasa dai garimpeiros all’interno delle terre indigene è cresciuta del 495% – con le maggiori concentrazioni nelle aree di Kayapó (7602 ettari) e Munduruku (1592 ettari) e Yanomami (414 ettari).

I prodotti minerari sono fondamentali per lo sviluppo di un’economia a basse emissioni di carbonio – afferma Tasso Azevedo, Coordinatore Generale di MapBiomas. – Ci auguriamo che questi dati contribuiscano alla definizione di strategie per porre fine alle attività illegali e stabilire attività minerarie su basi sostenibili, nel rispetto delle aree protette e dei diritti delle popolazioni indigene e nel rispetto dei i più alti standard di cura per la biodiversità, il suolo e l’acqua.

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Fonti: Greenpeace Brasil / MapBiomi

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