Il plancton sta contribuendo all’inquinamento degli oceani triturando la plastica, rendendola ancora più pericolosa

Un nuovo studio ha analizzato il ruolo del plancton nell’inquinamento da plastica degli oceani, capace di macinare rapidamente polistirolo, polietilene e microplastiche fotoinvecchiate, rilasciando particelle più piccole durante l’ingestione

I rotiferi, una sorta di zooplancton microscopico comune sia nelle acque dolci che in quelle oceaniche di tutto il mondo, sono in grado di masticare le microplastiche, scomponendole in nanoplastiche ancora più piccole e potenzialmente più pericolose. Ogni rotifero può crearne tra 348.000 e 366.000 al giorno, trasportando a innumerevoli sciami di nanoparticelle nel nostro ambiente.

Cosa significa? Che sostanzialmente i microrganismi che vivono in sospensione nei mari sono in grado di triturare la plastica, trasformandola in nanoplastica, minuscoli pezzi, ancora più pericolosi per gli ecosistemi e per gli esseri umani.

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A dirlo è una nuova ricerca dell’Università del Massachusetts Amherst pubblicata su Nature Nanotechnology, per la quale gli autori hanno somministrato piccoli frammenti di plastica fluorescente al plancton costituito da rotiferi e hanno osservato che cosa succedeva.

Lo studio

Secondo i risultati, in un solo giorno, uno di questi minuscoli animali in un ambiente peino di plastica può produrre oltre 300mila particelle di nanoplastica più piccole di un micrometro (un milionesimo di metro), una frazione delle dimensioni di un globulo rosso umano.

Nel lago Poyang in Cina, il più grande lago d’acqua dolce del Paese, i ricercatori hanno calcolato che i rotiferi creavano 13,3 quadrilioni di particelle ogni giorno.

plancton plastica

@Nature Nanotechnology

Sappiamo che le microplastiche finiscono per diventare nanoplastiche, ma non pensavamo che accadesse così velocemente, afferma Jacqueline Padilla-Gamiño, biologa marina, Anche altre forze naturali, in particolare la luce del Sole, frammentano la plastica in pezzi progressivamente più piccoli, ma agiscono più lentamente.

Gli scienziati si sono basati su uno studio del 2018 secondo cui il krill antartico è in grado di frammentare le microplastiche in nanoplastiche. Questi animali vivono però in ambienti estremamente freddi e meno inquinati, mentre ora i ricercatori hanno verificato se lo stesso fenomeno accade anche in animali che vivono in acque più calde e piene di plastica.

I rotiferi hanno un apparato masticatore speciale, come i denti, spiega Xing.

Da qui la loro scelta, anche perché sono in grado di decomporre effettivamente la microplastica, scorticandola e creare così pezzi sempre più piccoli.

Pensiamo che tutti gli organismi con quel tipo di apparato masticatorio abbiano un processo simile, conclude XingLui e ora con i suoi colleghi effettuerà indagini analoghe usando altre specie, in particolare animali che vivono nel suolo piuttosto che nell’acqua, per capire come il fenomeno possa svolgersi in una più ampia varietà di ecosistemi.

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