Il collagene, ingrediente chiave in molti prodotti di bellezza, nasconde un lato oscuro: la sua produzione contribuisce alla deforestazione del Paraguay. Lo rivela una nuova indagine
Ogni giorno, milioni di consumatori acquistano integratori e cosmetici a base di collagene, per gli effetti benefici che questo può offrire alla pelle, ai capelli e alle articolazioni. Pochi sanno però che dietro alla produzione di questa proteina c’è un lato oscuro, un costo che va ben oltre il prezzo di acquisto.
Si tratta della deforestazione di una zona preziosa e delicata, il Gran Chaco, la seconda foresta più grande del Sud America dopo l’Amazzonia, un ecosistema vitale sia per la mitigazione dei cambiamenti climatici che per la biodiversità.
Ma in che modo la produzione di collagene la danneggia?
L’ONG Global Witness ha recentemente condotto un’indagine che collega uno dei maggiori produttori mondiali di collagene, la Rousselot, all’allevamento intensivo di bestiame in Paraguay. Secondo le analisi della ONG, tra il 2021 e il 2023, oltre 18.000 ettari di foresta – una superficie più grande dell’intera Parigi – sono stati abbattuti per far spazio all’allevamento di bovini, le cui pelli sono poi state destinate alla produzione di collagene.
Importante segnalare che Rousselot mantiene accordi di sponsorizzazione attivi con gli atleti olimpici e i suoi prodotti sono commercializzati da giganti della vendita al dettaglio tra cui Amazon e Costco.
La filiera include anche grandi nomi della carne, come Minerva Foods e Frigorífico Concepción, che tra le altre cose riforniscono il mercato del collagene.
Global Witness scrive che:
La nuova indagine ha scoperto che i giganti della carne bovina Minerva Foods e Frigorífico Concepción si riforniscono da 16 aziende di allevamento di bovini che si stima siano responsabili di oltre 75.000 ettari di deforestazione nella foresta del Gran Chaco in Paraguay negli ultimi tre anni, un’area grande quasi quanto New York City.
La ricerca suggerisce che Rousselot ha ricevuto 3.000 tonnellate di pelli bovine provenienti da Frigorífico Concepción in Paraguay dal 2022.
Il mercato del collagene è fiorente, ma a che prezzo?
A livello globale, l’industria del collagene è in piena espansione, con un valore stimato di 4 miliardi di dollari nel 2022 e un tasso di crescita previsto dell’8,4% per gli anni successivi. Aumentando la domanda, aumenta inevitabilmente la pressione sulle foreste e su ecosistemi come il Gran Chaco.
La deforestazione del Gran Chaco non rappresenta solo una perdita ambientale. Questa situazione minaccia direttamente la sopravvivenza degli Ayoreo Totobiegosode, una popolazione indigena che vive nella foresta, la quale si vede privata del proprio habitat e delle risorse vitali.
Un portavoce del gruppo ha espresso preoccupazione per il futuro della propria gente, sottolineando che il loro territorio è una risorsa fondamentale per la biodiversità e il clima del Paraguay. Tuttavia, terreni a basso costo, tassazioni blande e leggi ambientali deboli per gli allevatori di bestiame contribuiscono alla deforestazione del Paraguay.
La situazione è seria e le previsioni per il futuro sono davvero drammatiche. Come scrive Global Witness:
La legge forestale del Paraguay del 1973 impone agli allevatori di preservare solo il 25% della copertura forestale sulle loro proprietà, consentendo di fatto a molti di disboscare vaste distese di terra. (…) Se nel Paese continueranno gli attuali tassi di deforestazione, l’analisi di Global Witness suggerisce che il Chaco paraguaiano potrebbe cessare di esistere entro il 2080.
Charlie Hammans, autore del rapporto, conclude:
I nostri risultati sono un promemoria cruciale dell’urgente necessità di leggi come la storica legge anti-deforestazione dell’UE, che contribuirà a garantire che i prodotti utilizzati per produrre collagene, insieme a una gamma di prodotti che vanno dagli hamburger di manzo agli pneumatici per auto, provengano da filiere di approvvigionamento prive di deforestazione.
Leggi anche: Regolamento UE anti-deforestazione: cosa implica per i consumatori e quali sono i prodotti che dovranno adeguarsi
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Fonte: Global Witness
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