Lo zero di emissioni nette entro il 2050 è l'obiettivo della politica climatica da molti Stati in linea con l'Accordo di Parigi del 2015, che stabilisce di contenere l'aumento della temperatura media globale al di sotto della soglia di 2 gradi oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1,5 gradi per ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici. Secondo i ricercatori, il ridimensionamento delle industrie ad alto contenuto di carbonio riducendo al tempo stesso la disuguaglianza di reddito dovrebbe essere una priorità. E invece…
I Paesi ricchi che hanno “disaccoppiato” la loro crescita economica dalle emissioni di carbonio impiegheranno più di 200 anni per ridurre le proprie emissioni a zero.
A dirlo è un team di ricercatori della University of Leeds in uno studio pubblicato sulla rivista Lancet Planetary Health, secondo cui Paesi come il Regno Unito dovrebbero perseguire una politica di “post-crescita”, come il ridimensionamento delle forme di produzione ad alta intensità energetica, la riduzione dei consumi dei ricchi e incentivi all’uso dei mezzi pubblici.
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Gli studiosi hanno nello specifico calcolato quanto tempo impiegherebbero 11 nazioni per raggiungere lo zero netto se includessero le emissioni di consumo – contando quelle emissioni provenienti da beni e servizi dove vengono consumati, non prodotti.
Le strategie internazionali per lo zero netto in genere non le includono e l’Accordo di Parigi consiglia ai paesi di evitare il doppio conteggio delle emissioni quando presentano i loro contributi determinati a livello nazionale.
Passare dalla crescita economica alla post-crescita è fondamentalmente diverso da una recessione, non comporta difficoltà o perdita di mezzi di sussistenza, dice Jefim Vogel, autore principale dello studio.
Sebbene i ricercatori abbiano scoperto che il Regno Unito stia riducendo le proprie emissioni più velocemente rispetto alle altre 10 nazioni identificate nel loro studio, hanno affermato che dovrà farlo cinque volte più velocemente entro il 2025 per contribuire a raggiungere l’obiettivo di prevenire il riscaldamento della Terra oltre 1,5°C sopra i livelli preindustriali.
Il perseguimento della crescita economica nei Paesi ad alto reddito rende praticamente impossibile ottenere le riduzioni delle emissioni richieste, spiega Jason Hickel, dell’Università Autonoma di Barcellona e coautore della ricerca.
Lo studio
Il team ha identificato 11 Paesi ricchi che hanno raggiunto il “disaccoppiamento assoluto” – definito come riduzione delle emissioni aumentando il PIL – tra il 2013 e il 2019.
Per ciascun Paese – Regno Unito, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia, Australia, Austria, Belgio, Canada e Danimarca – i ricercatori hanno confrontato le proiezioni future degli attuali tassi di riduzione delle emissioni con ciò che sarebbe necessario per rimanere entro il limite di 1,5°C.
Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che nessuno di questi Paesi sta riducendo le proprie emissioni abbastanza velocemente, con Belgio, Australia, Austria, Canada e Germania che hanno bisogno di accelerare i loro tassi di riduzione di 30 volte.
Le emissioni derivanti dall’agricoltura, dalla silvicoltura, dall’uso del territorio, dall’aviazione internazionale e dal trasporto marittimo non sono state incluse nella valutazione, il che significa che i Paesi dovrebbero accelerare ancora di più le loro riduzioni dopo averne tenuto conto.
Non c’è nulla di verde nella crescita economica nei paesi ad alto reddito. È una ricetta per il collasso climatico e un’ulteriore ingiustizia climatica. Chiamare “crescita verde” tali riduzioni delle emissioni, del tutto insufficienti, è fuorviante, è essenzialmente greenwashing, dice Vogel.
Intanto, Paesi in via di sviluppo come l’Uruguay e il Messico stanno aumentando la produzione e il consumo senza superare la loro quota del bilancio del carbonio. I Paesi ricchi dovrebbero invece dare priorità alla sostenibilità ecologica; ridimensionare le industrie ad alta intensità di carbonio come i viaggi aerei, la produzione industriale di carne e latticini, il fast fashion, le crociere e i jet privati; ridurre la disuguaglianza dei redditi; isolare gli edifici; ridurre gli sprechi alimentari; allontanare le persone dalle auto private e introdurre leggi per prolungare la durata di vita dei prodotti. Ma a che punto siamo?
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Fonte: Lancet Planetary Health
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