Uno studio pubblicato su Science rivela che il fenomeno sta mettendo a rischio gli ecosistemi locali e le risorse idriche di milioni di persone. La climatologa Serena Giacomin ha spiegato a GreenMe le ripercussioni di questa emergenza
Le cime maestose delle Ande, un tempo incoronate da ghiacciai perenni, stanno perdendo la loro copertura bianca a un ritmo allarmante. Uno studio, realizzato da un team di ricercatori del Boston College e pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, lo conferma: i ghiacciai tropicali andini si stanno ritirando a una velocità che non ha precedenti nell’epoca geologica in cui viviamo da quasi 12.000 anni.
Questo fenomeno ha implicazioni non trascurabili per l’intero ecosistema andino e per i milioni di persone che dipendono dalle sue risorse idriche. La fusione accelerata dei ghiacciai non solo minaccia la biodiversità locale, ma può compromettere l’approvvigionamento idrico per l’agricoltura, l’industria e il consumo umano.
La ricerca internazionale ha utilizzato misurazioni isotopiche di berillio-10 e carbonio-14 su rocce esposte, precedentemente coperte dai ghiacciai, per ricostruire la storia climatica della regione. I risultati sono stati inequivocabili: le temperature attuali e la conseguente fusione del ghiaccio hanno superato qualsiasi limite battuto prima nell’Olocene, indicando un’accelerazione del cambiamento climatico.
Per approfondire le implicazioni di questa scoperta, abbiamo intervistato Serena Giacomin, fisica, climatologa e meteorologa.
Quanto grave e preoccupante è la condizione attuale dei ghiacciai andini?
La situazione è estremamente grave e negativamente sorprendente. Questo fenomeno non solo segnala una prematura sofferenza rispetto a quanto atteso, ma anche potenziali impatti devastanti sugli ecosistemi locali e sulle riserve d’acqua dolce di cui dipendono milioni di persone.
Perché si sta verificando questo fenomeno?
Il ritiro dei ghiacciai tropicali andini è principalmente causato dall’aumento delle temperature atmosferiche. Il riscaldamento sta accelerando la fusione del ghiaccio in modo senza precedenti. Misurazioni isotopiche di berillio-10 e carbonio-14 su rocce esposte, precedentemente coperte da ghiacciai, sono la prova che le temperature attuali e dunque la fusione del ghiaccio abbiano superato i limiti dell’Olocene, la nostra attuale epoca geologica iniziata 11.700 anni fa.
Cosa ci insegnano i risultati di questo studio?
Il riscaldamento globale sta avendo effetti drammatici e immediati sui ghiacciai tropicali, non si tratta di futuro ma di presente. La velocità con cui i ghiacciai si stanno fondendo è un indicatore chiave dell’impatto umano sul clima. Inoltre, dimostra – ancora una volta – che i tropici sono già entrati in una fase di riscaldamento mai vista durante l’Olocene, un’epoca dominata dall’influenza umana sul pianeta. I ghiacciai tropicali sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici a causa delle temperature più elevate nelle regioni tropicali, della loro elevata sensibilità ai cambiamenti climatici e del ridotto accumulo di neve che può preservare appunto il ghiaccio. Questi fattori rendono i ghiacciai tropicali degli indicatori molto sensibili e precoci dei cambiamenti climatici globali.
Quali sono le azioni che dobbiamo mettere in campo per invertire la rotta?
Sempre mitigazione e adattamento, le due parole chiave di contrasto alla crisi climatica. È fondamentale ridurre le emissioni di gas serra attraverso politiche energetiche sostenibili, promuovere l’uso di energie rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica. A livello locale, le comunità possono lavorare per migliorare la gestione delle risorse idriche e sviluppare strategie di adattamento per far fronte alla perdita dei ghiacciai. È inoltre essenziale aumentare la consapevolezza pubblica riguardo agli effetti del cambiamento climatico e incoraggiare comportamenti responsabili.
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