Apparentemente sembrerebbe una bella notizia: la nebbia della Val Padana non è più quella di una volta, anche se resta, pur sempre, un fenomeno assai fastidioso. Solo che la sua riduzione andrebbe attribuita agli effetti globali del climate change, che si farebbero sentire anche in Italia.
Apparentemente sembrerebbe una bella notizia: la nebbia della Val Padana non è più quella di una volta, anche se resta, pur sempre, un fenomeno assai fastidioso. Solo che la sua riduzione andrebbe attribuita agli effetti globali del “climate change”, che si farebbero sentire anche in Italia. A sostenerlo sono gli studiosi californiani della Università di Berkeley i quali ritengono di aver riscontrato anche alle nostre latitudini fenomeni simili a quelli della California dove, lungo le coste, è stata osservata una riduzione di almeno tre ore al giorno dei periodi di nebbia.
La riduzione della nebbia, insieme ad un innalzamento della temperatura media, causerebbe danni alle foreste, in particolare ad alcune specie di sequoie della costa ovest americana. La nebbia, infatti, aiuterebbe le piante a prevenire la perdita di acqua, aiutandole nel loro processo naturale di rigenerazione. Venendo a mancare l’aiuto della nebbia, quindi, le piante si troverebbero in condizioni di maggiore difficoltà.
Questi, in sintesi, i risultati dello studio americano, condotto da James A. Johnstone, che saranno a breve pubblicati sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” Ed in Italia? La riduzione della nebbia in Val Padana, pur con qualche distinguo, sembra essere confermata anche dal noto climatologo nostrano Giampiero Maracchi, ordinario di climatologia presso l’ Università di Firenze, il quale ha ammesso che c’ è stata una generale diminuzione dei fenomeni nebbiosi a partire dagli anni ’90. Fino ad allora la Val Padana era considerata una delle zone più nebbiose del mondo.”Dal 90 in poi non sono stati più registrati i picchi massimi ed i giorni di nebbia si sono notevolmente ridotti, anche se gli ultimi due anni hanno fatto registrare un ritorno ad una situazione simile a quella del periodo ’60- ’90” ha commentato Maracchi.
Secondo gli studiosi americani un fenomeno simile a quello californiano, dunque, si sarebbe verificato anche nella Val Padana, con una riduzione della nebbia del 30-35% negli ultimi vent’anni.Secondo Johnstone la causa andrebbe attribuita alla differenza di temperatura tra la costa italiana e la temperatura delle zone interne, come appunto la Val Padana. Una differenza che, per via del cambiamento climatico, con contestuale innalzamento delle temperature medie, sarebbe diminuita, diminuendo anche il verificarsi della nebbia, proprio come rilevato in alcune zone della California, in cui la differenza diurna di temperatura tra costa e interno è scesa dai 17 gradi fahrenheit dei primi del XX secolo, agli 11 gradi attuali.
Per trarre le loro conclusioni gli studiosi californiani si sono avvalsi dei dati meteorologici su vento, temperatura e visibilità forniti dagli aeroporti. Se gli studi americani saranno confermati in questi termini anziché rallegrarsi per la diminuzione delle nebbia ci sarà, invece, da preoccuparsi. Secondo gli esperti, infatti, una diminuzione della nebbia potrebbe comportare danni alle piante con una minore capacità di rigenerarsi da parte di queste ultime. Il che potrebbe significare una diminuzione della salute e, quindi, del numero delle piante anche in Val Padana, in una zona fortemente antropizzata ed industrializzata in cui le emissioni di gas serra e di smog non allietano certo la vita e la salute delle persone che in Val Padana vivono e lavorano.
Sarebbero necessarie, allora, misure di contrasto allo smog, alle polveri sottili e, in genere, all’inquinamento, ben più frequenti ed incisive rispetto a qualche sporadico, e spesso inutile e disagevole, blocco del traffico. Si potrebbe cominciare, ad esempio dall’ incentivare fortemente forme di mobilità sostenibile per poi proseguire con la concessione di contributi o, meglio, sgravi fiscali a quelle imprese virtuose che investano nella ricerca e nella sostenibilità, mitigando il proprio impatto ambientale o dedicandosi allo sviluppo dell’approvvigionamento energetico da fonti di energia rinnovabile.