Ma il ponte sullo stretto si fa o non si fa? Il dilemma quasi shakesperiano, usato spesso durante varie campagne elettorali spunta fuori anche oggi, quando ancora il nuovo esecutivo è tutto da impastare. Ma prima che 'qualcuno' possa di nuovo tirar fuori la geniale idea di costruire un ponte che colleghi la Sicilia alla Calabrie, alcune associazioni ambientaliste hanno dato non uno ma cinque motivi per cui il ponte sullo Stretto non deve essere realizzato
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Ma il ponte sullo stretto si fa o non si fa? Il dilemma quasi shakesperiano, usato spesso durante varie campagne elettorali spunta fuori anche oggi, quando ancora il nuovo esecutivo è tutto da impastare. Ma prima che ‘qualcuno’ possa di nuovo tirar fuori la geniale idea di costruire un ponte che colleghi la Sicilia alla Calabria, alcune associazioni ambientaliste hanno dato non uno ma cinque motivi per cui il ponte sullo Stretto non deve essere realizzato.
Cancellato dalla Legge di Stabilità 2012, il ponte dopo 11 anni dal varo della Legge Obiettivo e del fallimentare Primo Programma delle infrastrutture strategiche nel dicembre 2001, torna ancora nei dibattiti politici.
Piccola premessa. La cancellazione del progetto graverà, salvo miracoli, per 300 milioni di euro sulle nostre tasche (senza aver messo neanche un mattoncino del ponte). Il 1° marzo scadeva il termine per la presentazione dell’atto aggiuntivo al contratto vigente, che doveva essere redatto dalla concessionaria pubblica Stretto di Messina SpA e dal General Contractor Eurolink capeggiato da Impregilo.
Ma FAI, Italia Nostra, Legambiente, MAN e WWF, hanno ricordano che nel caso non sia stato presentato un atto aggiuntivo valido formalmente e controfirmato dalle due parti interessate, in base alla norma voluta dal Governo Monti non solo dovranno essere “caducati tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonché le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale” ma anche che si proceda con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri alla liquidazione della Stretto di Messina Spa: “Vogliamo sapere subito dal Presidente del Consiglio Mario Monti se l’atto è stato consegnato o no, e se risulta che qualcosa sia stato trasmesso di conoscerne immediatamente i contenuti e sia possibile verificarne la validità“. Ribadiscono gli ambientalisti che quella del ponte è stata una storia caretterizzata da costi insostenibili, stimati attorno agli 8,5 miliardi di euro.
Ed ecco i cinque motivi per cui dire no al ponte sullo stretto.
I costi
Considerato “ingiustificato”: 8,5 miliardi di euro, più del doppio di quello con cui il General Contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, ha vinto la gara (3,9 miliardi rispetto ai 4,4 miliardi di Euro posti a base di gara). E il 39% in più rispetto al valore di partenza se si considera l’importo lordo di 6,1 miliardi di Euro, ripetutamente indicato dai progettisti.
I ricavi
Secondo le previsioni degli stessi progettisti basate sulle stime e sugli scenari intermedi del progetto preliminare, un incremento di costo del progetto nell’ordine del 15% avrebbe determinato un Valore Attuale Netto negativo. Inutile dire che tale cifra portata al 39% farebbe sorridere. Secondo le previsioni, a regime, l’utilizzo del ponte si aggirerebbe attorno all’11% della capacità complessiva “configurando un evidente, colossale spreco di risorse” dicono le associazioni.
I limiti tecnici
Dal punto di vista strettamente tecnico, il ponte non è da prendere sotto gamba. Quello sullo stretto sarebbe il ponte più lungo del mondo. Si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso, ad unica campata di 3,3 km di lunghezza, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza, a doppio impalcato stradale e ferroviario. Oggi, il ponte più lungo esistente con analoghe caratteristiche è quello del Minami Bisan-Seto in Giappone, di 1118 metri di lunghezza.
I vincoli paesaggistici
Non se la prendano gli ingegneri né gli economisti, ma la fattibilità e i guadagni legati al ponte sono nulla se messi a confronto con lo straordinario valore paesaggistico dell’area, ampiamente vincolata severamente tutelata dall’Unione Europea. Il pontre, non ultimo, ricadrebbe interamente nell’area di due ZPS – Zone di Protezione Speciale (“Costa Viola”, in Calabria e dei “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto”, in Sicilia) e interferirebbe in entrambe le regioni con 11 Siti di Interesse comunitario.
Carenze tecniche
Infine, il progetto ‘definitivo’ presenta delle gravi carenze tecniche rilevate già dalla Commissione VIA – Valutazione Impatto Ambientale con ben 223 richieste di integrazione, secondo cui: “gli studi relativi [ad alcuni] interventi … non hanno un livello di approfondimento tale per essere parte di un progetto definitivo”.
Di che stiamo parlando?
Francesca Mancuso
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