Apocalisse nucleare: c’è un’unica zona del mondo dove si sopravvivrebbe secondo gli scienziati (e non è l’Italia)

Le tensioni Russia-Usa continuano e la situazione internazionale, complessivamente, non lascia molto tranquilli. Dagli studi emerge che anche una “piccola” guerra nucleare lascerebbe 250 milioni di persone senza cibo e un grande conflitto ucciderebbe fino a 5 miliardi di persone. Ma in Australia e Nuova Zelanda si potrebbe ancora vivere. Ecco perché

Dopo una guerra nucleare la vita sulla Terra sarebbe possibile solo in Australia e in Nuova Zelanda: gli scenari post apocalittici tracciati dagli scienziati in conseguenza delle altissime tensioni internazionali fanno emergere come solo le remote regioni australi potrebbero ancora offrire dei luoghi abitabili per la vita come la conosciamo oggi.

Il lavoro traccia sei scenari, ciascuno basato su conflitti di dimensioni diverse. Il più “piccolo” rappresenta una guerra nucleare tra India e Pakistan, sulla base delle loro armi a disposizione dal 2008, mentre la più devastante sarebbe chiaramente quella tra Stati Uniti e Russia, con ulteriori attacchi a Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Cina, che rischierebbe di cancellare davvero la vita sul pianeta Terra.

In tutti e sei viene delineata una previsione sulle calorie alimentari totali disponibili in ciascuna nazione nel dopoguerra dopo il consumo di cibo immagazzinato in precedenza. Anche lontano dalle aree target degli attacchi, fuliggine emessa in quantità superiori a 5 Tg (Teragrammi, ovvero miliardi di chilogrammi), porterebbe a una carenza di cibo di massa e la produzione di bestiame e cibo acquatico non sarebbe in grado di compensare la riduzione della produzione agricola, in quasi tutti i Paesi.

Misure di adattamento come la riduzione degli sprechi alimentari avrebbero un impatto limitato sull’aumento delle calorie disponibili – scrivono gli autori – Stimiamo che più di 2 miliardi di persone potrebbero morire a causa di una guerra nucleare tra India e Pakistan e più di 5 miliardi di persone potrebbero morire a causa di una guerra tra Stati Uniti e Russia, sottolineando l’importanza della cooperazione globale nella prevenzione della guerra nucleare

Ma c’è una zona nel mondo che potrebbe essere risparmiata anche nello scenario peggiore

guerra nucleare scenari

©Nature Food

Parliamo di Australia e Nuova Zelanda. Prima di tutto per ovvie ragioni di posizione geografica, in quanto al momento tutti i Paesi con armi nucleari si trovano nell’emisfero boreale e quindi in queste remote regioni del mondo l’impatto immediato della guerra sarebbe decisamente ridotto.

E anche negli scenari post apocalittici la situazione lì sarebbe migliore. In tutti gli scenari, infatti, i Paesi smettono di commerciare, nutrendosi solo di quello che hanno e già qui queste terre hanno un vantaggio perché attualmente soprattutto l’Australia è un esportatore di cibo e quindi lo avrebbe ancora a sufficienza per sfamare la sua popolazione.

Inoltre con 150 Tg di fuliggine, la maggior parte delle nazioni avrebbe un apporto calorico inferiore al dispendio energetico a riposo, ma questo grande Paese oceanico rappresenterebbe un’eccezione.

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©Nature Food

Dopo aver interrotto il commercio internazionale, il grano contribuisce per quasi il 50% all’apporto calorico in Australia e la produzione di riso, mais e soia in Australia è inferiore all’1% di quella del grano – spiegano i ricercatori – Pertanto, la risposta del grano alle guerre nucleari simulate determina in gran parte l’apporto calorico in Australia. E poiché il grano simulato mostra riduzioni crescenti o piccole in scenari di guerra nucleare in cui si verificano temperature più favorevoli per la produzione alimentare, l’apporto calorico in Australia è maggiore rispetto ad altre nazioni

L’analisi, tuttavia, come gli stessi scienziati ammettono, non è priva di limiti. Infatti è limitata dai dati della FAO, raccolti a livello nazionale. All’interno di ciascun Paese, però, in particolare di quelli grandi, possono esserci grandi disuguaglianze regionali dovute a limitazioni infrastrutturali, strutture economiche e politiche di governo.

Inoltre lo studio non analizza il problema legato alla carenza di carburante e quindi alle difficoltà di portare il cibo prodotto nelle città.

Ma soprattutto, se questo scenario dovesse effettivamente realizzarsi (e davvero ci auguriamo di no), l’Australia e la Nuova Zelanda vedrebbero probabilmente un afflusso di rifugiati dall’Asia e da altri Paesi che soffrono di insicurezza alimentare, e ci si troverebbe comunque di fronte all’impossibilità di sfamare tutti.

La soluzione? La più ovvia di tutte: la pace.

Il lavoro è stato pubblicato su Nature Food.

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Fonte: Nature Food

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