La piattaforma di esplorazione petrolifera Leiv Erikisson in partenza dal porto di Istanbul, si è vista bloccare la rotta verso i mari della Groenlandia da un team internazionale di attivisti di Greenpeace.
Questa mattina, alle prime luci dell’alba, la piattaforma di esplorazione petrolifera Leiv Erikisson in partenza dal porto di Istanbul, si è vista bloccare la rotta verso i mari della Groenlandia da un team internazionale di attivisti di Greenpeace.
Alle 5:40 ora locale, i volontari a bordo dei famosi gommoni dell’associazione ambientalista, hanno intercettato la piattaforma per poi scalare la torre di trivellazione destra ed aprire dalla sommità un gigantesco striscione con il messaggio “Stop the Arctic Destruction” (Stop alla distruzione dell’Artico).
Destinazione prevista per effettuare le pericolose perforazioni offshore, la Baia di Baffin uno degli ecosistemi più fragili dell’Artico che ospita l’intera popolazione mondiale di narvalo, numerose colonie di uccelli marini e specie a rischio di estinzione come la balenottera azzurra e l’orso polare.
Per proteggere quest’oasi naturale, gli attivisti di Greenpeace sono pronti a un’occupazione a oltranza. «La Leiv Erikisson è oggi la piattaforma più pericolosa perché è l’unica destinata, per conto della compagnia petrolifera Cairn Energy, a scavare nuovi pozzi offshore in uno degli ecosistemi più fragili al mondo, l’Artico – denuncia Ben Ayliffe, campaigner di Greenpeace che partecipa all’azione – La Leiv Erikisson è un pericolo evidente e immediato per l’ambiente».
Viste le condizioni estreme di luoghi come la Groenlandia, la Cairn Energy ha a disposizione un tempo molto limitato per perforare il fondo marino dell’Artico. La profondità esplorativa prevista è di 1.500 metri, la stessa del disastro della Deepwater Horizon fa notare Greenpeace. Un’analogia decisamente sconfortante, viste le difficoltà incontrare un anno fa per fermare la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico.
E se al largo della Louisiana le condizioni meteo non sono eccessivamente avverse, le temperature estreme dell’Artico renderebbero problematica ogni risposta in caso di incidente. Gli impatti sull’ecosistema artico sarebbero gravi e impossibili da controllare.
«Cairn Energy guida la corsa all’oro nero nell’Artico. Possiamo ancora cambiare questa rotta e proteggere questa regione – conclude Ayliffe – ma solo se forziamo i politici che spalleggiano le compagnie petrolifere ad adottare misure che riducono la nostra dipendenza dal petrolio».
Greenpeace, dalla voce del direttore delle campagne Alessandro Giannì, fa appello per una rivoluzione verde:«Possiamo decidere subito un futuro che ci liberi dalla dipendenza di combustibili sporchi come petrolio, carbone e nucleare. Invece di investire miliardi per trivellare fino all’ultimo pozzo o per promuovere una scelta insensata e pericolosa come il nucleare, possiamo decidere di investire in energie rinnovabili e pulite e in efficienza. Ad esempio, possiamo da subito decidere di utilizzare motori più efficienti, con minori emissioni di CO2, grazie ai quali il petrolio offshore non servirebbe a niente».