Alcuni esponenti delle autorità locali di Arizona e Utah avrebbero intenzione di chiedere formalmente al presidente Donald Trump di cancellare una legge dell’epoca Obama che vieta per 20 anni l’estrazione di uranio. Il Grand Canyon è a rischio
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Alcuni esponenti delle autorità locali di Arizona e Utah avrebbero intenzione di chiedere formalmente al presidente Donald Trump di cancellare una legge dell’epoca Obama che vieta per 20 anni l’estrazione di uranio. Il Grand Canyon è a rischio.
Uranio nelle acque: i pericoli per siti protetti e popolazioni native
In buona sostanza a Trump si chiede di eliminare questo divieto, in vigore dal 2012, perché anticostituzionale in quanto ha come effetto quello di soffocare l’attività economica che ruota attorno alle miniere. Tutti coloro che sono invece a favore del divieto, naturalmente, sostengono che l‘attività di estrazione mette a rischio le acque che scorrono lungo il canyon. D’altra parte questo è già realtà: le miniere un tempo presenti della zona hanno lasciato in eredità una serie di siti contaminati e una serie di patologie a danno della popolazione Navajo.
La battaglia contro la tutela dei siti naturalistici voluta da Obama
Secondo quanto riporta il Guardian, entro fine settimana arriveranno sul tavolo dell’amministrazione Trump varie lettere firmate da leader regionali. E pare anche che una seconda lettera arriverà dalla contea di Mohave per chiedere al governo federale di eliminare un secondo divieto, quello a protezione dei siti naturalistici definiti monumento nazionale. Il motivo è il medesimo: questo divieto mette a repentaglio lo sviluppo delle attività economiche basate sull’estrazione delle fonti fossili. Per intenderci, stiamo parlando di siti come Bears Ears e Grand Escalante.
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La battaglia a favore delle miniere nella zona del Grand Canyon è parte di una strategia dei conservatori volta a sbarazzarsi di tutte quelle forme di tutela del territorio che rappresentano in particolare l’era Obama (ma non solo), come ad esempio la “Planning 2.0”, che dava molta importanza alla valutazione delle destinazioni d’uso del territorio e puntava a coinvolgere le popolazioni locali nella discussione. Il Congresso l’ha cancellata proprio quest’anno, così come sono state eliminati i vincoli al rilascio di nuove concessioni per l’estrazione di carbone. Lo stesso Trump ha ordinato di controllare se 27 monumenti nazionali – siti naturali tutelati – possano essere ridotti di dimensioni o non più tutelati.
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L’uranio estratto alimenterebbe l’intera California
Ovviamente, per le associazioni ambientaliste è l’ennesima dimostrazione dei favoritismi verso le lobby delle fossili a scapito del turismo e soprattutto delle popolazioni native americane, come gli Havasupai, le cui riserve si trovano a Ovest del canyon: 775 persone la cui storia inizia centinaia di anni fa e che ora devono fronteggiare i rischi di una possibile contaminazione di acqua e terreno, come già avvenuto altrove. Una catastrofe a cui forse non riuscirebbero a sopravvivere, così come non sopravviverebbe senza gravi conseguenze il territorio circostante, noto per le sue cascate cristalline alimentate proprio dalle acque che l’uranio potrebbe contaminare.
Tutto falso per i firmatari delle lettere. I sostenitori delle miniere ribadiscono con forza che l’uranio presente nella zona dell’Arizona Strip sia abbastanza da rifornire di energia per 20 anni l’intera California. Inoltre, potrebbe essere utilizzato per scopi militari e darebbe linfa all’economia dell’area per 29 mld di dollari nel giro di 42 anni.
La protezione di siti naturali di pregio, quindi, dovrebbe passare in secondo piano rispetto alla creazione di posti di lavoro e all’attività economica che si genererebbe. Siti che, invece, per Ken Salazar, interior secretary di Barack Obama, erano “paesaggi dal valore inestimabile”, da proteggere per i 5 mln di visitatori annuali del parco nazionale del Grand Canyon e per i milioni di visitatori che transitano nelle zone limitrofe.
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Anna Tita Gallo