Lo scorso agosto, la Monsanto era stata condannata a pagare un risarcimento di 289 milioni di dollari a favore di Dewayne Johnson, ex giardiniere a cui era stato diagnosticato un linfoma non-Hodgkin dopo aver utilizzato alcuni prodotti dell’azienda, ma oggi l’azienda produttrice del glifosato fa ricorso.
Lo scorso agosto, la Monsanto era stata condannata a pagare un risarcimento di 289 milioni di dollari a favore di Dewayne Johnson, ex giardiniere a cui era stato diagnosticato un linfoma non-Hodgkin dopo aver utilizzato alcuni prodotti dell’azienda, ma oggi l’azienda produttrice del glifosato fa ricorso. Il prossimo 10 ottobre è stata fissata una prima udienza.
Ha chiesto alla Corte della California di annullare la sentenza, ridurre il risarcimento o di avviare un nuovo processo. La Monsanto, di proprietà della Bayer, continua quindi la sua battaglia in solitaria contro tutto e contro tutti.
“La giuria ha sbagliato” aveva detto dopo la sentenza il vicepresidente dell’azienda Scott Partridge. La difesa del colosso del glifosato sostiene, infatti, che il linfoma non-Hodgkin impiega diversi anni prima di manifestarsi e che quindi il custode ed ex giardiniere, si sarebbe ammalato prima di iniziare a lavorare nel distretto scolastico dove ha effettivamente utilizzato i prodotti.
Diversa la versione di Johnson che a 46 anni ha un tumore in fase terminale e che durante il processo aveva raccontato che a causa di un malfunzionamento dell’innaffiatore, tutto l’erbicida gli era finito addosso e che poi non aveva ricevuto risposta dall’azienda in merito ai rischi a cui andava incontro.
La sentenza emessa lo scorso agosto dal tribunale di San Francisco ha dato ragione proprio a lui dicendo che l’uso di Roundup aveva causato il tumore. Ma adesso questo ricorso apre nuovi scenari e la battaglia non è per niente vinta.
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Dominella Trunfio