Una ricerca del French Institute for Andean Studies di Lima mette in evidenza come alla base dello splendore della cività Inca ci sia un innalzamento cliamatico che ne favorì l'agricoltura e il conseguente sviluppo.
Sono stati una delle civiltà precolombiane più floride e splendenti, in senso letterale e non. Il loro impero rimane tutt’oggi avvolto da un alone di mistero che richiama ogni anno sulle Ande milioni di persone e che tiene ancora impegnati studiosi di tutto il mondo. Ma il segreto di quella che da molti viene definita la “civiltà del sole” starebbe proprio nel sole stesso. Uno studio del French Institute for Andean Studies di Lima, in Perù, infatti, rivela come il successo maestoso degli Inca sia il frutto di un radicale cambiamento climatico che trasformò l’ecosistema andino e portò “bel tempo” per oltre 400 anni.
Fu l’innalzamento delle temperature dunque a permettere lo sviluppo di un impero in grado di dominare e sottomettere la roccia, capace di costruire un’intera città il Machu Picchu – al suo interno e ricavare terrazze coltivabili da dirupi improbabili.
Clima e temperatura ideali che favorirono la crescita della vegetazione anche ad alta quota, complice l’abbondanza d’acqua proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai che, nonostante le poche piogge, risultò determinante, anche perché perfettamente sfruttata da un sistema di irrigazione evoluto e degno dei migliori progetti di architettura.
La ricerca, coordinata dal paleo-ecologo Alex Chepstow-Lusty ha studiato i sedimenti sul fondale del lago Marcacocha, nei pressi di Cusco a 3500 metri sopra il livello del mare: analizzando i diversi strati, un po’ come gli anelli di un tronco di albero, è stato possibile risalire ai rispettivi clima di ciascuna epoca considerata. Partendo dal presupposto che ogni strato di sedimento conserverebbe al suo interno pollini, semi e altri resti, gli studiosi hanno potuto constatare che i primi alberi intorno al lago apparvero soltanto dopo il 1100, dimostrando così il cambiamento di temperatura che permise agli Inca di beneficiare in abbondanza di granoturco e patate, scongiurando il problema della fame e canalizzando le energie sull’edilizia, l’amministrazione pubblica, l’esercito e le pratiche spirituali. Fino all’arrivo degli spagnoli nel 1533 che, in una decina di anni, tra guerre e nuove malattie introdotte, segnarono la fine del glorioso impero.
Ma la ricerca ha anche il merito di aver portato alla luce le cause di un altro tramonto, quello dei Wari, la civiltà precedente agli Inca che, non usufruendo delle stesse condizioni climatiche, sarebbe stata sopraffatta da una terribile siccità intorno all’anno 880 d.C.