Che effetti ha avuto e avrà l'eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajkull sul clima?
Solo una volta terminata l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajkull si potranno eseguire stime quantitative delle sue conseguenze sul sistema climatico. Ad affermarlo è l’ENEA che in un comunicato spiega come in ogni caso non si tratterà di un effetto permanente sulle attuali tendenze al riscaldamento globale, ma di un evento circoscritto nel tempo la cui portata è ancora da determinare.
Secondo Vincenzo Ferrara, esperto di clima dell’ente di ricerca, “se le polveri emesse dal vulcano islandese avranno quantità’ e soprattutto energia (termica) tale da ‘bucare’ la tropopausa e finire nella stratosfera, potrebbero restare anche anni e determinare cambiamenti climatici più significativi”. Un nucleo di alta pressione al largo delle coste irlandesi, accoppiato a una bassa pressione sulle Azzorre, ha formato nell’area una configurazione della circolazione atmosferica nota ai meteorologi con il nome di “blocco atlantico”. Questa configurazione, caratterizzata da venti intensi da nord sull’Europa, è in grado di persistere per diversi giorni e sta “spingendo” rapidamente la nube di polvere verso il sud d’Europa, dove – secondo gli esperti di clima dell’Enea – ha trovato le condizioni ideali per disperdersi sul continente.
In ogni caso si tratta di polveri che potrebbero avere effetti contrastanti sulla temperatura. L’aumento di anidride carbonica tenderebbe ad aumentare temporaneamente l’intensità dell’effetto serra. Tuttavia l’effetto di gran lunga più rilevante è quello dovuto alle polveri. ”A seconda della consistenza e del tipo di eruzione, la nube vulcanica forma uno strato di polveri che può arrivare – continua l’Enea – anche a rivestire tutta l’atmosfera terrestre. Questo strato funziona da schermo e da specchio per la radiazione solare provocando un importante riscaldamento della stratosfera (sopra la nube) e un raffreddamento dei bassi strati dell’atmosfera (sotto la nube)’‘. ”Le conseguenze di un’eruzione particolarmente ricca di composti attivi dal punto di vista dell’interazione con la radiazione solare (solfati), vengono osservate solitamente durante i due anni successivi all’evento. Il riscaldamento della stratosfera può’ superare (come nel caso dell’eruzione del Pinatubo nel Giugno 1991) gli 0.5 gradi centigradi a scala planetaria con conseguente impatto su tutta la circolazione atmosferica. Nella bassa atmosfera le conseguenze delle eruzioni sull’abbassamento delle temperature globali sono meno evidenti anche se nel passato si sono verificati casi eccezionali: l’eruzione dell’Aprile 1815 del Monte Tambora in Indonesia ha provocato un tale abbassamento della temperatura da trasformare il 1816 in un anno senza estate‘‘.
Secondo l’Enea dunque si tratterebbe di “un evento circoscritto nel tempo” la cui portata è però “ancora da determinare“. Nella storia ci sono tuttavia “esempi di conseguenze delle eruzioni sull’abbassamento delle temperature globali“. L’eruzione del Monte Tambora in Indonesia del 1815, sempre nel mese di aprile, “ha provocato un tale abbassamento della temperatura da trasformare il 1816 in un anno senza estate”, ricorda l’ente di ricerca. Tuttavia, “la Piccola Era Glaciale, un lungo periodo di basse temperature sull’Europa culminato intorno al 1600, stava per terminare e nonostante il Tambora, la tendenza al riscaldamento continuò durante gli anni successivi“.
A confermare quanto sostenuto dall’Enea arrivano anche le ipotesi di alcuni studiosi internazionali. Secondo Colin Macpherson dell’Università di Durham e Kathryn Goodenough del Geological British Survey, in Inghilterra, l’eruzione dell’Eyjafjallajökull potrebbe avere un effetto sul clima regionale dell’Europa, ma solo a condizione che vada avanti per almeno un altro paio di anni.
In ogni caso l’eruzione vulcanica sta creando non pochi danni all’economia generale del nostro Paese. La Coldiretti, parla di circa 10 milioni di euro di danni causati al settore agroalimentare dalla chiusura degli spazi aerei attuata in questi ultimi giorni che ha reso impossibile il trasporto dei prodotti Made in Italy nel resto del mondo. A essere trasportati per via aerea sono infatti soprattutto i prodotti ad alto valore aggiunto – sottolinea la Coldiretti – che poi sono quelli maggiormente deperibili, dalla frutta alle mozzarelle, fino ai fiori.
Rosamaria Freda