Gli alberi di Corso Belgio sono salvi! Il Tribunale boccia il progetto del Comune di Torino

“L’abbattimento integrale dell’alberata lede il diritto alla salute”, così il ricorso promosso dai residenti si chiude con una sentenza destinata a creare un prezioso precedente (gli alberi potranno essere sostituiti solo in 5 anni e con piante grandi) e che riconosce gli enormi danni ambientali e di salute che il progetto causerebbe

A Torino vincono gli alberi! Dopo undici mesi, infatti, si conclude la contesa giuridica sull’alberata di Corso Belgio con l’accoglimento parziale del ricorso dei cittadini e la condanna del Comune a pagare le spese legali.

La sentenza riconosce che, se realizzato come pretendeva l’Amministrazione (ossia per grandi lotti e in un tempo massimo di 18 mesi), il progetto avrebbe causato un danno alla salute dei cittadini e dell’ambiente, tanto più che è stato accertato che un uguale intervento in Corso Umbria ha indotto un aumento dei valori di temperatura massima stagionale di +2°C.

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Quindi, l’esperimento dei tecnici comunali di abbattere un intero viale di piante adulte e sostituirlo con alberelli, come se si trattasse di oggetti – si legge nel comunicato stampa – dovrà essere definitivamente archiviato: le alberate non si rottamano, perché la rottamazione di un viale lede il diritto alla salute.

Il Giudice ha inoltre colto in senso favorevole ai ricorrenti il riferimento alla “foresta urbana” contenuto nella relazione finale del CTU: i legali del Comune avevano contestato la legittimazione attiva di alcuni cittadini non residenti in corso Belgio. Se la “rilevanza della foresta urbana” è da considerare “nel suo complesso”, allora l’interesse legittimo a difendere il diritto alla salute non è limitato ai residenti nel luogo preciso in cui avviene l’abbattimento: sicuramente si estende agli abitanti della zona, e potenzialmente all’intera cittadinanza. E questo è un altro elemento che il Comune d’ora in poi dovrà considerare.

Il Giudice, in buona sostanza, ha quindi rigettato il progetto com’era stato concepito e ha introdotto misure di mitigazione, tra cui l’esecuzione su un arco temporale non inferiore a 5 anni, entro la quota annua del 20%, e la messa a dimora non di alberelli come quelli di corso Umbria, ma di piante con il fusto della circonferenza di 20-25 centimetri e dell’altezza di 4 metri.

Il nostro principio di non abbattere alberi sani è stato parzialmente recepito nella prescrizione di procedere dai segmenti in cui sono presenti alberi “in condizioni morfofunzionali e fitosanitarie più compromesse”. Inoltre dovranno essere introdotti arbusti, siepi e aiuole su tutta la superficie tecnicamente utile degli stalli drenanti.

Il Comune e i suoi tecnici pagano la caparbietà con cui, anche durante il ricorso, hanno cercato di imporre ai cittadini il progetto e una visione del verde urbano anacronistica, calpestando non solo la democrazia, ma persino il sapere scientifico e la competenza tecnica che avrebbero dovuto mettere al servizio dei cittadini e che invece sono stati costantemente ridotti a brandelli decontestualizzati, agitati in modo terroristico. La verità scientifica ha dovuto essere ricercata e ricostruita dagli aderenti al Comitato: uno studio che, insieme ad altre esperienze condivise, come quella del presidio, ha rappresentato per molti di loro un processo di crescita collettiva.

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