Uno studio, durato più di venti anni e pubblicato da Science, dimostra come la longevità sia inversamente proporzionale alla quantità di cibo ingerito, mettendo quest'ultimo in relazione con le patologie legate all'età.
La conferma arriva dall’Università del Wisconsin, Madison (USA): mangiare troppo invecchia. Uno studio, durato più di venti anni e pubblicato da Science, dimostra come la longevità sia inversamente proporzionale alla quantità di cibo ingerito, mettendo quest’ultimo in relazione con le patologie legate all’età.
I risultati erano già noti per animali quali roditori e vermi, geneticamente troppo distanti per poter considerare gli studi applicabili all’uomo. Per questo, due decenni fa, tre diversi gruppi di ricerca negli Stati Uniti hanno deciso di colmare questa lacuna. In particolare, il team guidato da Richard Weindruch di gerontologia della University of Wisconsin, ha studiato una colonia di 76 scimmie Rhesus adulte, la cui vita media è di 27 anni con punte fino ai 40. Metà colonia di animali poteva mangiare quanto voleva durante il giorno, mentre l’altra metà era limitata da una dieta con il 30% di calorie in meno, ed il necessario apporto di integratori vitaminici e minerali per garantire che le scimmie non soffrissero la malnutrizione.
I risultati arrivano dopo che tutte le scimmie ancora in vita oggetto dello studio, hanno girato la boa dei 27 anni. Sono ancora vive il 63% tra quelle “a dieta”, rispetto a solo il 45% di quelle che hanno mangiato quanto volevano.
Ma c’è scetticismo sui risultati; per alcuni colleghi del Dr. Weindruch arrivano troppo presto, perché sarebbe più opportuno attendere il fine vita di tutti gli animali, per verificare quanti e quali riusciranno a compiere il maggior numero di anni. E per questo motivo, gli scettici, invece che definirlo completo, preferiscono considerarlo un aggiornamento.