Il ‘gigante dei Forni’ si spezza in tre: è allarme per i ghiacciai italiani

Il ghiacciaio dei Forni nel Parco dello Stelvio si è spaccato in tre durante la scorsa estate. Stiamo parlando del più grande ghiacciaio vallivo italiano, soprannominato non a caso il gigante dei Forni. Di questa imponente struttura rimangono ormai tre ghiacciai più piccoli, due montani e uno vallivo

Il ghiacciaio dei Forni nel Parco dello Stelvio si è spaccato in tre durante la scorsa estate. Stiamo parlando del più grande ghiacciaio vallivo italiano, soprannominato non a caso il gigante dei Forni. Di questa imponente struttura rimangono ormai tre ghiacciai più piccoli, due montani e uno vallivo.

Inoltre, la parte inferiore è in continuo collasso. A darne notizia è l’aggiornamento del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani presentato dall’Intergruppo parlamentare per il clima Globe Italia nel corso dell’incontro organizzato alla Camera dei Deputati.

Il caldo da record dell’estate ha avuto la sua prima vittima. Un danno non da poco visto che un ghiacciaio impiega tanto tempo per formarsi. Il 2015 è stato un anno difficile per il clima, il 14esimo in fila a battere il record di anno più caldo. Inoltre, l’analisi delle variazioni volumetriche avvenute negli ultimi 26 anni – dal 1981 ad oggi – ha evidenziato un rilascio idrico da parte dei nostri ghiacciai, considerando solo quelli delle Alpi Centrali, pari a 2000 miliardi di litri, l’equivalente di 800.000 piscine olimpiche e 4 volte il Lago Trasimeno.

Un fenomeno allarmante vista l’importanza dei ghiacciai. Secondo i dati del Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, in 26 anni sono stati persi 2 mila miliardi di litri di riserve di acqua sulle Alpi Centrali.

I dati più recenti del Catasto dei ghiacciai italiani confermano una tendenza al regresso. Infatti dagli anni Sessanta del 20° secolo al primo decennio del 21°, c’è stata una riduzione areale del 30% passando da 527 kmq a 370 kmq. Dal 2007 al 2012 si è aggiunta un’altra contrazione del 5%. Per dare un’idea la superficie glaciale persa è pari a quella del Lago di Como.

“La consistente e continua riduzione del volume dei ghiacciai nelle nostre Alpi e in ogni altra area ci dice che siamo in emergenza clima: dobbiamo prendere con la massima urgenza le decisioni necessarie a ridurre in modo drastico le emissioni di gas serra e lavorare al successo del vertice Onu di Parigi per restare entro la soglia dei due gradi di aumento della temperatura media globale”

ha detto Stella Bianchi, Presidente Intergruppo per il clima Globe Italia,

“Gli scenari futuri del glacialismo italiano, inoltre, basati sull’evoluzione del clima derivante dai modelli climatici, indicano che un’inversione della tendenza in corso è alquanto improbabile e che nell’arco di pochi decenni si potrebbe realizzare un’ulteriore avvicinamento a un paesaggio alpino, più simile ai Pirenei e agli Appennini, ormai quasi totalmente privo di ghiacciai, che sembra il destino inevitabile delle montagne del futuro”

ha aggiunto Claudio Smiraglia, Professore all’Università degli studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra.

Umberto Martini, Presidente generale del Club alpino italiano ed Erminio Quartiani, Vicepresidente generale,

“confermano l’assoluta emergenza in cui si trova il pianeta a causa degli effetti dei cambiamenti climatici. Da questi effetti bisogna difendersi, sostenendo gli sforzi che alla Conferenza ONU di Parigi COP21 del prossimo dicembre saranno compiuti per definire l’impegno, vincolante per tutti gli Stati e per tutti i popoli, di contenere entro i limiti di 2° C il riscaldamento del nostro pianeta. Anche il CAI in questo ambito è impegnato con le altre 80 associazioni alpinistiche del mondo per mantenere la montagna vivibile e frequentabile”.

Proprio ieri abbiamo visto cosa sta accadendo in Groenlandia. Un’emergenza che non sembra avere fine.

Francesca Mancuso

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