I ghiacciai italiani sono a rischio. Il cosiddetto “cuore freddo” delle montagne italiane sta smettendo di battere per colpa dell'aumento delle temperature. Negli ultimi 30 anni, i ghiacciai si sono ridotti del 40%. È quanto emerge dai risultati del nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani presentato ieri a Milano e realizzato dall'Università degli Studi di Milano e Levissima, in collaborazione con Ev-K2-CNR e il Comitato Glaciologico Italiano
I ghiacciai italiani sono a rischio. Il cosiddetto “cuore freddo” delle nostre montagne sta smettendo di battere per colpa dell’aumento delle temperature. Negli ultimi 30 anni, i ghiacciai si sono ridotti del 40%. È quanto emerge dai risultati del nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani presentato ieri a Milano e realizzato dall’Università degli Studi di Milano e Levissima, in collaborazione con Ev-K2-CNR e il Comitato Glaciologico Italiano.
Dalla fine degli anni ’50 ad oggi, facendo un confronto con il precedente catasto nazionale risalente a quegli anni, gli scienziati hanno scoperto che se da una parte il numero dei ghiacciai italiani è aumentato passando da 824 a 896 in quasi tutte le Regioni, dall’altra ciò è dovuto alla frammentazione dei ghiacciai stessi. Lo dimostra anche la riduzione della superficie glaciale, con una perdita del 29%. Una superficie pari a quella del Lago di Como (151 kmq), passando da 519 kmq agli attuali 368 kmq. Una media di 3 kmq persi all’anno.
Friuli e Piemonte sono le regioni in cui si sono registrate le perdite più alte, con superfici quasi dimezzate. Riduzioni di circa un terzo sono state registrate in Trentino e in Alto Adige. Va leggermente meglio in Lombardia e Valle d’Aosta con riduzioni più circoscritte.
Mettendo a confronto l’attuale catasto e quello internazionale realizzato a metà degli anni ‘80, i ricercatori hanno notato anche che l’area coperta dai ghiacciai è passata da 609 kmq agli attuali 368. In generale, i ghiacciai rimasti sono sì numerosi ma frammentati e di piccole dimensioni ad eccezione dei tre che hanno un’area superiore ai 10 kmq: i Forni, in Lombardia, il Miage, in Valle d’Aosta, e il complesso Adamello-Mandrone, in Lombardia e Trentino.
La presenza dei ghiacciai varia da regione a regione. Si passa, infatti, dai 134 kmq della Valle d’Aosta agli 88 kmq della Lombardia, agli 85 dell’Alto Adige fino ai 3,2 kmq del Veneto e agli 0,2 kmq del Friuli-Venezia Giulia. Va anche ricordato che i ghiacciai italiani sono tutti collocati sulle Alpi, con un’unica eccezione: il Calderone in Abruzzo ultimo residuo della glaciazione appenninica, ormai frammentato in due parti.
“Nonostante sia tutt’ora in atto una lunga fase di regresso glaciale, l’incremento della copertura detritica superficiale potrebbe ridurre i ritmi di fusione, mentre l’incremento di polveri naturali o antropiche potrebbe aumentarla. La variabilità meteo-climatica, con inverni molto nevosi ed estati fresche ed umide, favorirebbe inoltre periodi di rallentamento di questa attuale fase negativa. A fine estate 2013, ad esempio, la riduzione di spessore di molti ghiacciai italiani è stata minore rispetto a quella registrata negli anni precedenti, a causa delle forti nevicate dell’inverno 2012-2013. È chiaro che, per avere una vera e propria inversione di tendenza, dovrebbe verificarsi una successione, almeno decennale, di queste caratteristiche meteo-climatiche, come quella del 1965-1985”, ha detto il professor Smiraglia, a capo del progetto di ricerca.
Francesca Mancuso
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