Sfruttare la fusione nucleare, energia inesauribile e senza scorie, rappresenta il sacro Graal dell'energia a lungo vaneggiato dai fisici di tutto il mondo a partire dagli anni '50. Una soluzione che potrebbe risolvere tutti i problemi energetici mondiali, visto che si calcola che un ipotetico reattore potrebbe generare 500 milioni di watt per ogni 50 MW di energia immessa—10 volte di più.
Cifre che nessuna centrale potrebbe mai neppure sognare. Se ne è dibattuto a lungo a livello accademico, ma ora sembra che il sogno di sfruttare l’energia che alimenta il sole e le stelle inizi a muovere i primi passi verso una reale concretizzazione. La strada, però, è tutta in salita.
Gli esperti hanno sempre saputo che la fusione nucleare sarebbe stata molto più redditizia e meno pericolosa della fissione, ma si sono concentrati a partire dal secondo dopoguerra su quest’ultima per la sua relativa facilità di realizzazione: “tutto ciò che serve è solo una sufficiente disponibilità in natura di materiale radioattivo e plasmarlo in una forma adeguata”, spiega il Professor David Whitehouse sull’Huffington Post.
La fissione di uranio e plutonio “è una tecnologia di successo”, mentre la fusione, che può essere ricreata utilizzando gli isotopi dell’idrogeno (cugini chimici dell’idrogeno, come il deuterio) estratti dall’acqua di mare, è molto più complicata. Ma le scorie della fissione sono radioattive, inquinano, fanno ammalare, uccidono. L’energia che viene dalla fusione di due nuclei atomici invece no. Ed è per giunta potenzialmente illimitata. Per semplificare all’estremo il meccanismo, nella fusione nucleare il calore, come nei tradizionali reattori a fissione, trasforma l’acqua in vapore, che aziona le turbine per generare elettricità, o viene utilizzato per produrre combustibili per il trasporto o per altri usi.
Al momento il progetto più avanzato verso la realizzazione di energia elettrica da fusione è ITER: uno sperimentale reattore commerciale a fusione termonucleare (basato sulla configurazione di tipo tokamak) per definire i parametri gamma. Collocato nel sito di Cadarache (Francia), ITER creerà il suo primo plasma intorno al 2020, ma saranno necessarie ulteriori la ricerche per altri 15-20 anni. ITER è un progetto internazionale cooperativo tra Unione Europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, Corea del Sud e India.
Ma “mettere l’energia del sole in una scatola –spiega Whitehouse- è un obiettivo audace, soprattutto quando non sappiamo come progettare la scatola. Abbiamo camminato sulla luna, sequenziato il genoma umano, inventato internet, allora perché la fusione a scopo commerciale ci sfugge? I pochi progetti scientifici, ancora in corso da oltre sessanta anni, non sono vicini a una conclusione. Forse per un mondo inondato di petrolio non ha avuto l’urgenza che avrebbe potuto avere, o forse non è stata gestita con forza come avrebbe dovuto essere, o finanziata tanto quanto necessario. Forse non sarà mai possibile farlo commercialmente”. Forse.
O forse le ricerche andranno avanti e la fusione nucleare cambierà tutto, regalandoci tanta energia pulita e sicura (il reattore può infatti funzionare solo se mantenuto sotto controllo, altrimenti si spegne immediatamente) e un mondo libero dalla geopolitica del petrolio, dall’inquinamento di carbonio, dall’insostenibilità ambientale delle fonti fossili. E anche dalle continue minacce delle armi nucleari, visto che il reattore per fusione, a differenza di alcuni tipi di reattori a fissione, non ha alcuna utilità nella produzione di combustibili a fini bellici. L’energia a fusione, poi, usa il deuterio che in natura è reperibile negli oceani, fatto questo che potrebbe, almeno in parte, contrastare l’aumento di conflitti globali per l’accaparramento di fonti energetiche naturali.
Uno scenario idilliaco e incantevole che l’energia da fusione potrebbe rendere reale. O almeno si spera.