Fukushima: una ferita aperta nel cuore del Giappone, 13 anni di lotta contro le conseguenze di un disastro senza precedenti

Oggi sono 13 anni da quando un forte terremoto e uno tsunami colpirono le coste settentrionali del Giappone. Quasi 20mila persone morirono, intere città furono spazzate via e la centrale nucleare di Fukushima Daiichi fu distrutta, creando profondi timori di radiazioni che persistono ancora oggi. Mentre la nazione celebra l’anniversario, cerchiamo di capire cosa stia succedendo ora nello stabilimento e nelle aree vicine

Tredici anni e poco è cambiato: da quando nel 2011 in Giappone una scossa di terremoto di magnitudo 9 generò uno tsunami, il Paese fu quasi totalmente devastato da quello che si classificò come il secondo più grave incidente nucleare del mondo. Ma che cosa è successo da allora?

La prima cosa è ahinoi evidente: nonostante moltissimi problemi e le promesse fatte dai diversi Governi, l’anno scorso il Giappone ha deciso di prolungare la durata di vita di 60 anni degli 11 reattori nucleari rimessi in servizio dopo la tragedia nucleare e, mentre 43 reattori sono fermi per gravi problemi strutturali e di obsolescenza, il Governo di Tokio ne sta costruendo di nuovi. In più, molti degli 11 reattori sopravvissuti al disastro di Fukushima Daiichi sono ancora in manutenzione e nel 2020 meno del 5% dell’elettricità che veniva prodotta in Giappone proveniva dall’energia nucleare (rispetto al 30% prima dell’incidente).

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Inoltre, dall’anno scorso si è avviato il più che controverso piano di rilascio di oltre 1,3 milioni di tonnellate di acqua trattata a Fukushima Daiichi, che ha sollevato allarmi in tutto il Pacifico e diversi dibattiti politici.

Cosa è successo 13 anni fa?

Un terremoto di magnitudo 9.0, l’11 marzo 2011, provocò uno tsunami che colpì a sua volta le città costiere settentrionali nelle prefetture di Iwate, Miyagi e Fukushima. Lo tsunami, che in alcune aree raggiunse i 15 metri, si schiantò letteralmente anche sulla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, distruggendone l’alimentazione elettrica e i sistemi di raffreddamento del carburante e provocando la fusione dei reattori n. 1, 2 e 3.

Le esplosioni di idrogeno causarono massicce perdite di radiazioni e contaminazione nell’area: l’operatore Tokyo Electric Power Company Holdings sostenne allora che lo tsunami non poteva essere previsto, ma – secondo le indagini governative e indipendenti alcune sentenze dei tribunali – era chiaro che l’incidente fu il risultato di errore umano, negligenza in materia di sicurezza, “supervisione lassista da parte delle autorità di regolamentazione e collusione”.

Da allora il Giappone ha introdotto standard di sicurezza più severi e ad un certo punto è passato anche all’eliminazione graduale dell’energia nucleare, fino a quando il Governo del primo ministro Fumio Kishida non ha invertito nuovamente questa politica e anzi ha accelerato il riavvio dei reattori funzionanti per mantenere l’energia nucleare come principale fonte di approvvigionamento energetico del Giappone.

Intanto, un altro mortale terremoto del 1° gennaio scorso nella regione centro-settentrionale del Giappone ha distrutto molte case e strade, non ha danneggiato una centrale nucleare inattiva ma tanto è bastato per ridestare la preoccupazione che gli attuali piani di evacuazione potrebbero non bastare.

Cosa è successo intanto ai residenti?

Circa 20mila degli oltre 160mila residenti evacuati da Fukushima non sono ancora tornati a casa.

A Futaba, la città più colpita e sede della centrale di Fukushima Daiichi, nel 2022 è stata aperta una piccola area. Circa 100 persone, ovvero l’1,5% della popolazione pre-disastro, sono tornate lì a vivere. L’altra città ospitante, Okuma, ha sacrificato parte della sua terra per costruire un sito di stoccaggio temporaneo per i rifiuti nucleari raccolti dalla decontaminazione, e il 6% dei suoi residenti è tornato.

Lo sversamento dell’acqua trattata proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima

Lo scorso agosto, Fukushima Daiichi ha iniziato a scaricare l’acqua trattata in mare e attualmente sta rilasciando un quarto lotto di 7.800 tonnellate. Finora, i risultati del campionamento giornaliero dell’acqua di mare avrebbero soddisfatto gli standard di sicurezza, ma il piano continua a suscitare le proteste dei pescatori locali e dei paesi vicini, in particolare la Cina, che ha vietato le importazioni di prodotti ittici giapponesi (ma intanto il governo ha stanziato 10 miliardi di yen per sostenere la pesca di Fukushima).

L’acqua di raffreddamento contaminata viene pompata, trattata e immagazzinata in circa 1.000 serbatoi. Secondo quanto riferito dal governo e dalla TEPCO, l’acqua verrebbe diluita con grandi quantità di acqua di mare prima del rilascio, rendendola più sicura rispetto agli standard internazionali.

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