Fukushima, il pesce giapponese non è più contaminato dalla radioattività. Ma è davvero così?

Fukushima, a quasi 5 anni dal terremoto e dal disastro nucleare la minaccia della radioattività sembra allontanarsi dagli animali marini. O almeno così sostiene un nuovo studio, pubblicato nei giorni scorsi su Proceedings of the National Academy of Sciences

Fukushima, a quasi 5 anni dal terremoto e dal disastro nucleare la minaccia della radioattività sembra allontanarsi dagli animali marini. O almeno così sostiene un nuovo studio, pubblicato nei giorni scorsi su Proceedings of the National Academy of Sciences.

Secondo gli ultimi dati dunque la maggior parte del pesce esaminato al largo delle coste del Giappone è sicuro da mangiare. Lo studio condotto da un team di ricercatori provenienti da diverse università giapponesi, spera di smorzare i timori sulla sicurezza relativa ai pesci pescati nelle acque giapponesi e destinati al consumo umano.

È difficile accettarlo con leggerezza se si considera che solo per cercare di raffreddare le centinaia di tonnellate di combustibile del reattore fuso nelle unità 1, 2 e 3 della centrale di Fukushima Daiichi, la TEPCO (Tokyo Electric Power Company) ha prodotto finora più di 1,4 milioni di tonnellate di acqua radioattiva. Di recente, anche Greenpeace Giappone ha avviato un’analisi delle acque per scoprire il loro stato di salute e i livelli di contaminazione radioattiva.

La nuova analisi dal canto suo si propone di fare chiarezza. La quantificazione del rischio di contaminazione causata dai radioisotopi rilasciati dalla centrale nucleare di Fukushima è utile per escludere o ridurre voci infondate sulla sicurezza degli alimenti, fanno sapere gli scienziati.

“Il nostro nuovo approccio statistico ha permesso di valutare il rischio alimentare legato agli animali acquatici e ha mostrato che gli attuali livelli di contaminazione da radiocesio in generale sono bassi. Tuttavia, alcune specie d’acqua dolce hanno ancora rischi relativamente elevati” spiegano.

Il rischio di contaminazione per i prodotti alimentari dovrebbe essere stimato a seconda delle caratteristiche e della localizzazione geografica. Tuttavia, la valutazione dei rischi attuali e futuri per i prodotti alimentari è difficile a causa delle ridotte dimensioni del campione, dei limiti di rilevabilità e dei periodi di indagine insufficienti. Ciononostante, i ricercatori giapponesi hanno valutato i rischi legati alle specie marine che superano una determinata soglia di cesio radioattivo. Hanno così scoperto che

“il rischio di contaminazione complessiva per i prodotti alimentari acquatici è molto basso”.

Ma non si può certo dire che il mare di Fukushima e i suoi poveri abitanti siano puliti. Alcuni animali d’acqua dolce e i crostacei, rileva l’analisi, sono ancora altamente contaminati, ma solo quelli della zona di Fukushima.

La maggior parte di queste specie d’acqua dolce consumata dall’uomo proviene da allevamenti controllati, motivo per cui il consumatore medio non entra in contatto con un pesce potenzialmente pericoloso, a meno che non mangi pesce catturato dai pescatori “abusivi” durante il tempo libero.Dal canto suo, il Giappone ha adottato alcune delle più severe norme del mondo dopo Fukushima.

Un’altra ricerca condotta lo scorso autunno in Alaska conferma quanto scoperto dagli scienziati giapponesi. Le autorità sanitarie dell’Alaska lavorarono con la Federal Food and Drug Administration per esaminare salmoni, merluzzo e altre specie temendo che la contaminazione radioattiva fosse arrivata dal Giappone fino alle coste della fredda regione. I campionamenti non rilevarono contaminazione radioattiva. Pesce sicuro dunque?

Intanto, nei giorni scorsi tre ex dirigenti della Tepco sono stati accusati di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza per prevenire il disastro nucleare di Fukushima Daiichi. Si tratta dei primi atti di accusa contro i funzionari della Tepco. Per la procura, i tre dirigenti sono accusati di negligenza professionale con conseguente lesioni e morte. Il processo è previsto per il 2017.

Ma intanto gli anni passano, i timori della popolazione restano e la voglia di ritornare all’atomo da parte del Giappone sembra aver fatto dimenticare il dramma di uno degli incidenti nucleari più gravi della storia.

Francesca Mancuso

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