A un anno dal disastro nucleare che colpì il Giappone, è stata registrata un'inversione di tendenza. Tra il 2011 e il 2012 solo due sono stati i nuovi reattori, contro i 38 del biennio precedente. Ma c'è ancora chi crede in un futuro basato sul nucleare
Fukushima, Giappone. Ieri è stato il primo anniversario del sisma che colpì il paese, con i danni che ben conosciamo legati essenzialmente alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. 365 giorni dopo il disastro si fa ancora la conta dei danni, che sicuramente proseguirà a lungo. Ma c’è un dato positivo. Dallo scorso anno, in tutto il mondo è stato registrato un calo nei lavori di costruzione dei nuovi reattori. Qualcosa sta cambiando?
Sarà stata la paura o forse il fatto di ritrovarsi faccia a faccia con una contaminazione nucleare ancora più grave di quella registrata a Chernobyl. Sta di fatto che dal 2008 al 2010, furono avviati i lavori di costruzione di 38 reattori in tutto il mondo, ma nel biennio successivo, ossia tra il 2011 e l’anno ancora in corso, sono solo due i nuovi reattori su cui si lavora.
Lo ha rivelato al Guardian Steve Thomas, professore di studi energetici presso l‘Università di Greenwich. Secondo l’esperto questa grossa inversione di tendenza è stata interpretata da più parti come la prova di un rapido declino dell’interesse verso l’energia nucleare dopo la chiusura forzata del reattore di Fukushima un anno fa. Sì, è vero, nessuno rimase ucciso al momento dell’incidente, ma migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case e i rischi legati alla salute sono ancora incalcolabili.
In Europa l’incidente di Fukushima ha sancito definitivamente l’addio all’atomo da parte di paesi come la Germania e la Svizzera. “Fukushima è stata la scintilla che ha acceso il dibattito. Ci è costato un po’, ma ora abbiamo 300 mila posti di lavoro nelle energie rinnovabili invece che 30 mila nel nucleare” ha detto Tobias Muenchmeyer di Greenpeace Germany. Anche gli Italiani, col referendum, hanno espresso chiaramente il loro No al nucleare. Altrove, hanno seguito l’esempio tedesco e svizzero il Kuwait, il Venezuela ed il Messico.
Rebecca Harms, presidente dei Verdi del Parlamento europeo, ha invitato i paesi ad abbandonare le loro ambizioni nucleari, sottolineando come Fukushima abbia ampiamente dimostrato che la sicurezza dei reattori non può in nessun modo essere garantita. “Non siamo riusciti ad imparare le lezioni di Chernobyl, altrimenti il disastro di Fukushima non avrebbe avuto luogo” hanno detto alcuni manifestanti davanti al Parlamento Europeo a Bruxelles.
Ma Connie Hedegaard, commissario europeo per l’azione per il clima ha ribadito che l’energia nucleare continuerà a far parte del mix energetico europeo e mondiale per anni. “La realtà dice che il nucleare avrà ancora un ruolo” spiega. “Probabilmente non cresce tanto quanto si pensava, nel periodo dopo Fukushima. Molti paesi ancora vanno avanti [con i piani nucleari], ma con una maggiore attenzione alla sicurezza“.
Dal canto suo, Christoph Frei, segretario generale del World Energy Council, ha riferito al Guardian che le ricerche effettuate dalla sua organizzazione hanno mostrato come vi sia ancora la necessità e l’interesse nei confronti dell’energia nucleare in tutto il mondo, con molti paesi incluso il Regno Unito pronti a portare avanti i piani per nuovi impianti. “La rinascita del nucleare continua” ha detto.
Il nucleare, tutto sommato, è sicuro. Almeno secondo alcune fervide menti, ma chissà cosa risponderebbero gli abitanti di Fukushima. In diversi luoghi della città e nei sobborghi, un team di ricerca di Greenpeace guidato dal fisico nucleare Heinz Smital ha di recente scoperto elevate concentrazioni di cesio 137. Sappiamo che tale elemento ha una emivita di 30 anni. Ciò significa che in 30 anni, la radiazione potrà essere ridotta, ma solo per metà.
La decontaminazione è lenta, la contaminazione è stata veloce. Ma il nucleare è sicuro. Dubbi?
Francesca Mancuso