Un nuovo modello ha stimato il numero di vittime legate al disastro nucleare di Fukushima entro i prossimi 50 anni
Fukushima, cosa accadrà tra 50 anni a causa del terribile incidente nucleare legato al terremoto che colpì il Giappone l’11 marzo 2011? Un nuovo studio condotto dall‘Energy and the Woods Institute for the Environment dell’Università di Stanford ha tolto il velo su un macabro scenario.
Il numero di morti e l’aumento dei casi di tumore subiranno infatti un impennata. I ricercatori, guidati da John Ten Hoeve e dal professore di ingegneria civile Mark Z. Jacobson, hanno fornito la prima analisi dettagliata degli impatti sulla salute globale del disastro nucleare nipponico. La radiazione provocata dalla centrale di Fukushima Daiichi potrebbe causare circa 130 morti e 180 casi di cancro, soprattutto in Giappone. Tali cifre vanno ad incementare il numero di decessi connessi al disastro, ossia le 600 morti causate dall’evacuazione dell’area attorno all’impianto subito dopo il terremoto e lo tsunami.
Gli esperti hanno utilizzato un modello atmosferico globale 3D, sviluppato in oltre 20 anni di ricerca, che può prevedere gli spostamenti del materiale radioattivo. Il modello è stato utilizzato per stimare l’esposizione umana alla radioattività. A causa delle incertezze inerenti le emissioni e gli effetti sulla salute, i ricercatori hanno stabilito un range di valori sul numero di possibili morti connesse ai veleni della centrale nucleare giapponese, che va da 15 a 1.300 decessi, con una stima che si aggirà però attorno ai 130. È stato previsto anche un ampio arco di patologie tumorali, da 24 a 2.500 nuovi casi, con la migliore stima attorno ai 180.
Le persone colpite, in base al modello, sono quelle che vivono in Giappone, con effetti meno evidenti in Asia e Nord America. Secondo il modello, negli Stati Uniti potrebbero esserci fino a 12 morti e 30 casi di cancro, anche se i metodi utilizzati sono stati meno precisi per le aree che hanno riportato basse concentrazioni di radionuclidi.
“Questi valori sono relativamente bassi in tutto il mondo“, ha rassicurato Ten Hoeve. Tale studio, pubblicato ieri su Energy and Environmental Science, ha spiegato l’esperto dovrebbe “servire a gestire la paura in altri paesi, la cui portata è stata estesa a livello globale“.
La notizia arriva come una beffa all’indomani delle proteste contro il riavvio dei reattori, esplose in questi giorni in Giappone. 170mila persone sono scese in piazza per ribadire il loro no all’atomo.
Francesca Mancuso