11 marzo 2011, ore 14.46: in Giappone la terra trema. Un terremoto di 9 gradi di magnitudo con epicentro in mare provoca un violento tsunami, con onde alte fino a 40 metri che si abbattono sulle coste delle isole giapponesi. E le acque colpiscono anche la centrale nucleare di Fukushima, che da allora è diventata sinonimo di paura, di pericolo, di inquinamento. Sono passati quattro anni da quel terribile giorno
11 marzo 2011, ore 14.46: in Giappone la terra trema. Un terremoto di 9 gradi di magnitudo con epicentro in mare provoca un violento tsunami, con onde alte fino a 40 metri che si abbattono sulle coste delle isole giapponesi. E le acque colpiscono anche la centrale nucleare di Fukushima, che da allora è diventata sinonimo di paura, di pericolo, di inquinamento. Sono passati quattro anni da quel terribile giorno.
Oggi la conta dei danni non è ancora finita. Una tragedia che ha lasciato cicatrici ben visibili anche sul paesaggio e che continua a seminare miseria. Tante le cerimonie in corso nelle città di tutta la zona colpita dal disastro e a Tokyo, dove l’imperatore Akihito e l’imperatrice Michiko hanno reso i loro omaggi ai morti nel peggiore disastro avvenuto in Giappone in tempo di pace.
Un minuto di silenzio nazionale ha seguito il lamento delle sirene nel momento esatto del sisma sottomarino. La forza della Natura si è abbattuta sul Giappone, quattro anni fa, spargendo morte e distruzione. Secondo il governo, gli sfollati sono quasi 230.000, 80mila dei quali vivono in alloggi temporanei a causa del disastro nucleare. Quest’ultimo continua a essere al centro dei dibattiti nazionali, in Giappone.
L’impianto è ancora instabile e il complicato processo di disattivazione potrebbe durare per decenni. Le immagini televisive hanno mostrato i parenti delle vittime e i volontari con le mani unite in preghiera vicino a uno degli edifici distrutti dallo tsunami, nella città portuale di Minamisanriku.
#Fukushima 4 anni dopo: il #Giappone non dimentica. Le foto: http://t.co/iQVfN0lTD6 pic.twitter.com/AFCP9AGXR2
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Il Giappone ricorda l'incidente di nucleare di #Fukushima http://t.co/Hn0piHqS7n pic.twitter.com/A6jsWeSlFz
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E i timori legati all’effetto sulla salute delle fughe radioattive sono l’incubo di molti. Spiega Greenpeace che il monitoraggio della radioattività effettuato dall’associazione ha mostrato che
“il 59 per cento dei campioni presi in aree ufficialmente “decontaminate” era ancora oltre la soglia, con i livelli più alti rilevati lontano dalle strade. Il lavoro di decontaminazione è servito in sostanza solamente a ‘spostare’ il problema, ma non a liberarsene. Attualmente 120 mila persone non hanno ancora fatto ritorno nelle loro case e il processo di decontaminazione sembra non conoscere fine. Le colline, le montagne e le foreste della Prefettura di Fukushima sono fortemente contaminate. Il risultato è che il materiale radioattivo viene dilavato attraverso i corsi d’acqua e raggiunge anche aree precedentemente decontaminate, ricontaminandole“.
Dopo aver rimosso con successo le barre di combustibile esaurito da una delle piscina di stoccaggio a Fukushima, il gestore dell’impianto, la Tokyo Electric Power sta ancora lottando per gestire la quantità sempre crescente di acqua contaminata.
All’indomani del disastro, tutti i reattori nucleari del paese furono gradualmente spenti. Tanta la paura. Sfortunatamente, a volte la memoria viene resa troppo corta dagli interessi economici. Non sono bastati i 15.700 morti provocati dallo tsunami a far capire al governo che incidenti di questo tipo possono avere gravi ripercussioni sulla salute se coinvolgono gli impianti nucleari.
Quattro anni dopo, c’è ancora chi deve rimettere in piedi la propria casa, chi non ha più un lavoro e chi ha paura dei veleni. Come Muneo Kanno, agricoltore di professione, che si sta preparando a piantare il riso in un campo a 40 chilometri dai reattori nucleari di Fukushima. I test effettuati lo scorso autunno hanno rilevato che i livelli di radiazione del suo raccolto erano bassi da non essere rilevabili.
Ma il suo riso non potrà ancora essere venduto perché l’agricoltura commerciale nella zona di Iitate è ancora vietata. La sua generosità e la sua voglia di riconominciare lo hanno spinto però a ricominciare a coltivare, donando il raccolto. Altrove, nella prefettura di Fukushima, in zone più lontane dai reattori, gli agricoltori vendono i loro raccolti al di sotto dei tassi di mercato.
“La produzione sta riprendendo, anche se non ancora al livello di prima dell’incidente. Ma i prezzi sono bassi perché alcune persone vogliono evitare i prodotti di Fukushima”, ha detto Shintaro Sato, responsabile della pianificazione agricola nella prefettura di Fukushima.
Mentre la popolazione cerca di riprendere in mano la propria vita, non si ferma l’interesse del governo per il nucleare. Finora sono quattro reattori (in due impianti) ad aver ricevuto il via libera. Nonostante le promesse del governo di centinaia di miliardi di yen in aiuti per la ricostruzione, i progressi nelle regioni disastrate sono lenti. Tante sono ancora le città fantasma, e migliaia i profughi.
Mentre si piangono i morti si ripresenta la minaccia dell’atomo.
Francesca Mancuso
Foto: Twitter
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