Il devastante terremoto in Emilia, una terra non considerata a rischio terremoti fino a pochi anni fa che in pochi giorni si trova a subire oltre 400 scosse, ha distrutto un pezzo d'Italia e sconvolto l'intero Paese. Le voci che corrono veloci sul web, rimbalzando da un blog all'altro, dicono altro. A scatenare il sisma nella Pianura Padana potrebbe essere stata una causa non naturale, ma umana
Il devastante terremoto in Emilia Romagna, una terra considerata a basso rischio sismico fino a pochi anni fa che , ha distrutto un pezzo d’Italia e sconvolto l’intero Paese. Crollano monumenti, case, capannoni, si assiste alla disperazione degli abitanti. Tra lacrime e dolore, si scava nelle macerie. La prima reazione è, ovviamente, quella di chiedersi come tutto ciò sia potuto accadere. Nessuna prevenzione contro i naturali movimenti della nostra terra. Questa è la prima risposta sensata. Ma le voci che corrono veloci sul web, rimbalzando da un blog all’altro, dicono altro. A scatenare il sisma nella Pianura Padana potrebbe essere stata una causa non naturale, ma umana.
Tra chi sostiene che i Maya avessero previsto il sisma, chi chiama in causa Bendandi e chi rispolvera la teoria complottista dell’haarp, il sistema segreto degli Usa in grado di scatenare terremoti, una nuova parola entra di prepotenza nel nostro vocabolario. Si tratta del fracking, detto anche hydrofracking, una nuova tecnica di perforazione e frantumazione delle rocce, brevettata dalla Halliburton e già praticata in alcuni stati americani, legata all’attività estrattiva di gas metano da rocce porose.
In effetti, quelle zone sono ad alta densità di trivellazioni, per estrazione di gas o prospezioni geologiche in vista di futuri pozzi. Dopo le liberalizzazioni del 1998 e 2001 , non c’è più solo l’Eni e sono diventate terra di conquista da parte di tutte le compagnie. Da diversi giorni, allora, un dubbio attanaglia la popolazione: esiste un collegamento tra le attività di estrazione degli idrocarburi e i terremoti? Sull’argomento c’è molta confusione: si dice che sia stato il mega deposito di gas, progettato da Erg Rivara Storage (Ers) a Rivara di San Felice sul Panaro, che prevede 3,2 miliardi di metri cubi di gas in acquifero profondo. Ma lì lo stoccaggio non è stato in realtà ancora realizzato e la Ers afferma di non aver mai trivellato: “i nostri dati sulle perforazioni risalgono a studi del 1979, noi non abbiamo toccato il terreno a Rivara, non abbiamo fatto carotaggi, non abbiamo perforato o immesso gas o acqua. Gli strumenti che servono per perforare un pozzo occupano un ettaro, nemmeno volendo avremmo potuto farlo e passare inosservati”. Eppure, c’è chi giura di aver visto, il giorno prima della scossa di magnitudo 5.9 del 20 maggio, delle trivelle che il 21 stesso sarebbero fatte sparire. Altri che sostengono di aver sentito delle esplosioni il giorno 19 maggio.
Le compagnie petrolifere si affrettano a chiarire che metodi come il fracking non sono mai stati utilizzati in Italia, che non c’entrano comunque nulla con lo storage. Sull’argomento interviene anche il Presidente della FederPetroli Italia, Michele Marsiglia, coinvolto anche nella monitorizzazione e fase di avanzamento delle possibile trivellazioni nelle zone del sud dell’Italia Vallo di Diano: “non abbiamo elementi nella storia della ricerca e sviluppo di giacimenti petroliferi che portino alla causa di manifestazioni sismiche con pericolosità per i cittadini, da quelle che sono le dinamiche di trivellazione attraverso la tecnica del Fracking (fratturazione idraulica) ad altre forme di trivellazioni di uso più comune o non convenzionale”. Per quel che riguarda il possibile stoccaggio di Gas Metano nel sottosuolo, poi, “non vi sono elementi che definiscono tale processo pericoloso anzi, dopo rigide normative per lo stoccaggio del gas in superficie, il sottosuolo risulta per grado di sicurezza ed in alcune situazioni, ottimale. Riteniamo che in situazioni di disagio come quello che si sta verificando in seguito al terremoto, si trovi sempre spazio per polemiche nulle, senza pensare a quella che è la vera emergenza, ricordando che, prima di una trivellazione, gli studi e verifiche hanno tempi molto lunghi, con il consenso di Amministrazione locali, provinciali, nazionali ed in primis, comitati cittadini“, conclude Marsiglia.
Anche il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia s’è sentito in dovere di precisare sul suo sito internet che nessuna attività dell’uomo, dai sondaggi alle perforazioni, passando per i prelievi di idrocarburi, può creare o indurre terremoti di intensità pari a quelli avvenuti. La profondità degli ipocentri dei terremoti registrati è generalmente superiore a 5-6 km, spesso oltre 10 km, e l’energia in gioco è tale da escludere qualunque possibile legame con attività umane. “Per finire – si legge sul sito del Dipartimento di Scienze della Terra dell’UniMoRe – l’unico modo serio per far fronte a questi terribili eventi è fare in modo che le costruzioni e le infrastrutture siano costruite in modo idoneo e che ci sia una corretta conoscenza e classificazione sismica del territorio. Altrettanto importante è che la gente sia informata correttamente e non si diffondano notizie prive di fondamento che creano panico“.
Ma non la pensa così Maria Rita D’Orsogna, docente della California State University, considerata un’autorità in materia: per lei è possibile collegare reali rischi sismici anche alle perforazioni e prospezioni petrolifere. Da uno studio condotto dall’equipe del prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia e direttore del Dipartimento di Scienza del Territorio dell’Università di Napoli Federico II sul possibile rapporto tra trivellazioni e terremoti, poi, risulta chiaro che ci sia una frequente correlazione tra attività petrolifere e terremoti di bassa magnitudo.
Certo, non è possibile collegare il terremoto emiliano a tutto ciò, anche perché in Italia la tecnica non risulta essere utilizzata. Ma, a tal riguardo, le Associazioni Ambientaliste Folgore e Demetra di Trani, insieme all’Associazione Ambiente e/è Vita BAT di Bisceglie, componenti del Movimento Ambientalista BAT, ritengono che il “fracking” e le trivellazioni del sottosuolo, in generale, possano provocare prima di tutto l’inquinamento delle falde acquifere, causato dal pompaggio di enormi quantità di acqua piena di agenti chimici, e anche l’alterazione della pressione sotterranea, che modifica quelli che sono gli equilibri territoriali e che può causare il risveglio di una faglia sismica al momento inattiva, o arrivare a generare scosse anche abbastanza consistenti.
“È di lunedì 28 maggio, la notizia che negli Stati Uniti le principali banche rifiutano di accendere mutui alle Compagnie petrolifere e estrazione gas per le proprietà che prevedono tali attività, in quanto, quando si tratta di fracking, non possono essere garantite la tutela ambientale ed il rispetto delle leggi federali e locali“, scrivono gli ambientalisti. Inoltre, qualora si voglia optare per un’assicurazione a scopo cautelativo, anche lì la porta è sbarrata: nessuno vuole assicurare contro i rischi del fracking. Nel caso del nostro territorio italiano, anche se dovesse sorgere il benché minimo e ragionevole dubbio che le attività umane di trivellazione possano interferire con le attività sismiche, con o senza l’utilizzo della tecnica del fracking, “bisognerebbe fermare tutto, riflettere, approfondire“.
Per questo chiedono al Governo italiano, nella fattispecie al Ministro dello Sviluppo Economico Passera ed al Ministro dell’Ambiente Clini, che in tutto il territorio italiano vengano momentaneamente sospesi tutti i permessi in essere finalizzati a tali attività e che venga costituita una Commissione Tecnica italiana o europea di studiosi, ricercatori, geologi, sismologi ed altre figure altamente professionali dedita ad uno studio approfondito che tenga conto sì dell’importanza industriale dei giacimenti di idrocarburi, ma anche dell’importanza socio-economica delle risorse naturali di rilevanza strategica come le acque sotterranee e superficiali, nonché della sicurezza del territorio e della salute dei cittadini.
Roberta Ragni