Gli abitanti di Maimasi, alle prese con un focolaio di malaria, sono rimasti sei mesi senza assistenza sanitaria.
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©Hutukara Associação Yanomami
Gli abitanti di Maimasi, alle prese con un focolaio di malaria, sono rimasti sei mesi senza assistenza sanitaria e tuttora continuano a scarseggiare i medicinali.
Ha 8 anni, pesa 12,5 kg e soffre di malaria, polmonite, anemia e vermi. Il corpo di questa bambina yanomami riposa su un’amaca in un villaggio nello stato di Roraima, in Brasile. Le sue costole evidenziano la malnutrizione e l’inadeguatezza del Brasile per quanto riguarda l’assistenza sanitaria per le sue popolazioni indigene.
Fotos assim eram comuns dos anos 90 pra trás e estão voltando a ser realidade em pleno 2021. Todos os avanços que tivemos como sociedade e como nação foram destruídos rapidamente. Nada disso é justo, não há alegria e satisfação alguma em ser brasileiro no momento.📷Carlo Zacquini pic.twitter.com/zbwpFQ8o3l
— Antônio (@antoniorosafi) May 10, 2021
Scattata intorno al 17 aprile, questa foto, e la storia dietro di essa, è stata raccontata dal missionario cattolico Carlo Zacquini, che dal 1968 lavora con gli indigeni Yanomami, e a farne eco è stato il quotidiano Folha de S.Paulo. La bambina appartiene alla comunità di Maimasi, una regione di difficile accesso nella foresta pluviale amazzonica che, sebbene stia attraversando un focolaio di malaria, è rimasta senza assistenza sanitaria per sei lunghi mesi.
Come se non bastasse, quando un’équipe medica è riuscita finalmente ad arrivare sul posto, non aveva abbastanza medicine per curare tutto il villaggio. Nonostante la denuncia di Zacquini, che racconta delle grandi difficoltà nell’ottenere medicinali e della mancanza di professionisti, il Distretto Sanitario Indigeno Speciale Yanomami – DSEI nega che ci siano carenze.
“Per raggiungere Maimasi ci vogliono otto minuti in elicottero, ma questo avviene solo in caso di emergenza. Evidentemente, questa bambina non è un’emergenza!”, scrive Zacquini.
L’abbandono verso queste comunità non è una novità, è solo stata accentuata maggiormente a causa della pandemia e dell’attività mineraria. Secondo uno studio pubblicato nel 2019 condotto dall’Unicef in collaborazione con la Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz), nei villaggi di Auaris e Maturacá, l’81,2% dei bambini yanomami sotto i cinque anni soffre di malnutrizione cronica, il 48,5% di malnutrizione acuta e il 67,8 % ha anemia.
La minaccia dell’attività mineraria
Oltre alla malaria, gli indigeni devono affrontare anche la grande invasione di minatori, che arrivano nella loro terra incoraggiati dal prezzo elevato del minerale e dalle promesse del presidente Jair Bolsonaro di legalizzare il loro operato. Sono circa 20.000 infatti le persone non indigene che vivono illegalmente nella Terra degli Yanomami, che contaminano i fiumi con il mercurio e contribuiscono alla diffusione del Covid-19, della malaria, dell’alcolismo e della prostituzione.
È dallo scorso anno che gli indigeni stanno denunciando il fatto che le infezioni da coronavirus nella loro comunità avvengono tramite i cercatori d’oro, avvertendo anche le autorità sul pericolo, dato dalla loro estrema vulnerabilità al virus, che ciò rappresenta per queste popolazioni. L’Articulação dos Povos Indígenas do Brasil – APIB stima che dall’inizio della pandemia, siano stati infettati più di 38.500 indigeni e 932 siano morti.
Ha 8 anni e pesa 12,5 kg. Ricoverata in ospedale dal 23 aprile, dove è monitorata dai servizi sociali, ora per fortuna è stabile, non ha più la malaria ma è ancora in cura per la polmonite, l’anemia e malnutrizione grave. Lei è una delle poche fortunate che è riuscita a ricevere in tempo l’assistenza sanitaria, purtroppo non tutti i bambini hanno avuto questa possibilità.
FONTE: Folha de S.Paulo / Unicef / APIB / HAY
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