Foreste, addio… in soli 13 anni abbiamo perso un’area grande come la California

Un nuovo studio globale del WWF, “Fronti di deforestazione: cause e risposte in un mondo che cambia”, analizza la situazione della deforestazione nelle aree critiche dei tropici e sub-tropici (e indica anche la strada da seguire per fermare la perdita di foreste).

8.000 anni fa, circa la metà della superficie terrestre era occupata da foreste. Oggi quest’area si è ridotta al 30% e la deforestazione continua a ritmi vertiginosi, soprattutto nei luoghi che ospitano alcune delle comunità umane più vulnerabili al mondo e dove si concentra una elevata biodiversità in pericolo. Un nuovo studio globale del WWF, “Fronti di deforestazione: cause e risposte in un mondo che cambia”, analizza la situazione della deforestazione nelle aree critiche dei tropici e sub-tropici (e indica anche la strada da seguire per fermare la perdita di foreste).

Tra il 2004 e il 2017 oltre il 10% della superficie forestale entro i confini dei 24 fronti di deforestazione è andato perduto, si tratta di circa 43 milioni di ettari (ndr, l’Italia è grande circa 30 milioni di ettari); mentre quasi la metà della foresta ancora in piedi – circa il 45% – ha subito frammentazioni.

Solo nel Cerrado brasiliano, che ospita il 5% delle specie animali e vegetali del pianeta, ad esempio, i terreni sono stati rapidamente deforestati per l‘allevamento del bestiame e la produzione di soia con la conseguente perdita di un terzo (il 32,8%) della sua superficie forestale tra il 2004 e il 2017. In soli 13 anni abbiamo perso un’area grande come la California!

Non tutto è perduto

Per ognuno dei 24 fronti analizzati, il WWF ha definito e stimato l’andamento delle cause che guidano la cancellazione degli ecosistemi naturali terrestri e valutato le risposte messe in campo da governi e altri soggetti, analizzandone l’efficacia, ma ha anche evidenziato come l’influenza dei diversi fattori e attori tende a cambiare nel tempo e a variare da una regione all’altra, soprattutto a seconda dei cambiamenti politici e della domanda del mercato.

L’agricoltura che soddisfa la domanda del mercato rimane la prima causa di deforestazione, soprattutto in America Latina e in Asia (dove predominano l’espansione delle coltivazioni arboree e dell’agricoltura legata sia alla domanda mondiale che ai mercati interni), mentre aumenta la pressione dei piccoli coltivatori, specialmente in Africa.

L’estrazione del legname (sia in forma legale che illegale) ha generalmente ridotto la sua importanza come motore primario del degrado e della perdita di foreste, nonostante spesso preceda la deforestazione per altri scopi e rimanga un fattore significativo in alcuni Paesi. La deforestazione si accompagna spesso alla crescente espansione delle reti stradali, che collegano le zone di sfruttamento a quelle adibite all’esportazione e al rifornimento dei mercati interni.

Ma i fronti si espandono anche a causa della pressione delle operazioni minerarie non industriali e dell’aumento degli insediamenti umani all’interno degli ecosistemi naturali. Ulteriori pressioni sulle foreste nascono poi dall’accaparramento di terreni di proprietà pubblica, guidato dalla speculazione, approfittando delle incertezze delle proprietà e di una governance nazionale debole.

Cosa fare per salvare le foreste

Il report chiede una serie di azioni urgenti da parte dei governi, delle imprese e delle autorità di regolamentazione, tra cui:

• Assicurare i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali affinché possano trarre sostentamento dei propri territori e rafforzare il loro ruolo nella gestione delle foreste;

• Assicurare la conservazione delle aree ricche di biodiversità;

• Garantire che i prodotti provenienti dallo sfruttamento degli ecosistemi forestali siano sostenibili e frutto di attività lecite.;

• Assicurare che le filiere di approvvigionamento delle aziende siano il più possibile sostenibili e incoraggiare un maggior numero di aziende e istituzioni finanziarie a impegnarsi per un obiettivo “zero deforestation”;

• Creare politiche e leggi che garantiscano che tutti i prodotti forestali importati – ma anche gli strumenti finanziari – siano liberi dalla deforestazione e dalla conversione dell’ecosistema, e che rispettino i diritti umani.

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