Gli scienziati lanciano l’allarme: l’inquinamento farmaceutico rappresenta una vera e propria minaccia per la salute umana e per la sopravvivenza degli ecosistemi
I nostri farmaci stanno contaminando gli ambienti naturali, in particolare gli ecosistemi fluviali, e rappresentano una minaccia globale per l’ambiente e per la nostra stessa salute. È quanto emerge da un nuovo studio che ha analizzato i livelli di concentrazione di 61 principi farmaceutici attivi (API) in più di mille punti lungo 258 fiumi che scorrono in 104 Paesi di tutti e cinque i continenti, condizionando la vita di circa 470 milioni di persone.
I prodotti farmaceutici, assunti dagli esseri umani, finiscono nei corsi d’acqua dopo essere stati espulsi nel sistema fognario; buona parte di essi (soprattutto antibiotici) deriva invece dagli allevamenti intensivi di bestiame; infine, non si esclude che una parte di responsabilità nell’inquinamento dei fiumi derivi direttamente dalle aziende farmaceutiche stesse, che sversano illegalmente parte dei loro prodotti direttamente nei corsi d’acqua.
Una volta nell’ambiente, gli API danneggiano la fauna e la flora selvatiche, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali. Ma non solo: la presenza di residui di antibiotici nell’ambiente aumenta anche la nostra resistenza agli antibiotici e questo rende inefficaci le cure alle quali ci sottoponiamo – come dimostrato da uno studio pubblicato recentemente, secondo cui ogni anno milioni di persone nel mondo muoiono a causa di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici.
I principi attivi più diffusi nei corsi d’acqua di tutto il mondo (trovati in più della metà dei campioni analizzati) sono la carbamazepina (un farmaco utilizzato contro l’epilessia molto difficile da scomporre), la metformina (usata per curare il diabete) e la caffeina. Inoltre, in un sito su cinque sono state rilevate tracce di antibiotici, mentre in numerosi siti è stato trovato almeno un principio attivo considerato estremamente dannoso per la fauna selvatica.
Le città del mondo maggiormente contaminati dagli API sono Lahore (Pakistan), La Paz (Bolivia) e Addis Abeba (Etiopia). La capitale spagnola Madrid rappresenta uno dei luoghi con le più alte concentrazioni cumulative – seguita da Glasgow (Regno Unito) e Dallas (Stati Uniti). Il fiume Kai Tak (Hong Kong) si attesta come fiume più contaminato al mondo, con ben 34 diverse API registrate in un unico sito.
Le più alte concentrazioni di principi attivi sono state registrate nei Paesi con un reddito medio-basso, come India e Nigeria – probabilmente perché gli abitanti di queste nazioni hanno il denaro sufficiente per acquistare farmaci, ma i luoghi in cui vivono non sono forniti di sistemi fognari efficaci, in grado di rimuovere le tracce di API dalle acque reflue.
In Italia sono stati analizzati otto punti diversi del fiume Tevere, a Roma (fra cui la cattedrale di Sant’Angelo, La Celsa, il Ponte Regina Margherita e la periferia della Magliana). Nei campioni analizzati sono state trovate tracce di nicotina (100 nanogrammi per litro), del farmaco antiepilettico carbamazepine (80 nanogrammi) e di paracetamolo (50 nanogrammi per litro).
Una maggiore azione di bonifica delle acque, in effetti, potrebbe essere la chiave per depurare le acque dei fiumi dalla presenza di principi attivi chimici – anche se, per fare questo, c’è bisogno di risorse economiche importanti e dell’utilizzo di infrastrutture costose che non tutti i Paesi possono permettersi. Ma anche noi possiamo fare qualcosa, nel nostro piccolo, per ridurre l’inquinamento da farmaci: utilizzare i medicinali con oculatezza e moderazione, soprattutto gli antibiotici, che troppo spesso vendono assunti con leggerezza ed inutilmente, magari solo per un banale raffreddore che potrebbe risolversi senza il ricorso alle medicine.
Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube
Fonte: PNAS
Ti consigliamo anche: