“Tutti lo fanno, quindi lo faccio anch’io”: così l’effetto del falso consenso provoca enormi danni ambientali

L'effetto del falso consenso ci fornisce a volte una specie di giustificazione per praticare cattive abitudini che danneggiano l'ambiente

In psicologia si parla ormai da tempo del cosiddetto “falso consenso” che, in vari campi e ambiti dell’esistenza, ci spinge a credere che i nostri punti di vista siano condivisi dagli altri, molto più di quanto non lo siano nella realtà. Gli effetti di tali errate convinzioni, però, possono provocare anche gravi danni ambientali.

L’effetto del falso consenso ci fa capire meglio perché, anche tante persone per bene e corrette, in alcuni casi compiono azioni che danneggiano l’ambiente: può essere gettare qualcosa per terra, raccogliere piante dove non si potrebbe, pescare in luoghi vietati e tanto altro.

Proprio il falso consenso ci fa sopravvalutare quanto sia accettabile il nostro comportamento nella società. Insomma se pensiamo “gli altri lo fanno quindi lo posso fare anche io” stiamo cadendo proprio in questo gioco della mente.

In parole povere, trovarsi a fare qualcosa (anche se intimamente sappiamo che non dovremmo) è più probabile quando si pensa che anche molte altre persone fanno lo stesso, ritenendo (erroneamente) che quel comportamento sia comunemente considerato accettabile.

Questo pregiudizio consente alle persone di giustificare comportamenti socialmente inaccettabili o addirittura illegali.

Una ricerca di qualche anno fa, ha mostrato come gli effetti del falso consenso siano dannosi anche in termini ambientali.  Ad esempio questo modo di pensare supporta la pesca in zone vietate sulla Grande Barriera Corallina.

In particolare, lo studio ha mostrato che le persone che praticavano il bracconaggio erano convinte che questo fosse molto più diffuso nella società di quanto non avvenisse in realtà, e avevano stime più alte rispetto ai pescatori che rispettavano la legge.

I bracconieri credevano che anche altri considerassero la pesca di frodo socialmente accettabile; tuttavia, in realtà, oltre il 90% dei pescatori considerava tale pratica sia socialmente che personalmente inaccettabile.

Oltre al bracconaggio, l’effetto del falso consenso può aiutare a spiegare anche altri comportamenti.

Uno studio, ad esempio, ha esaminato come avevano reagito gli studenti di un campus a cui era stato chiesto di non fare la doccia mentre era in vigore un divieto a causa dell’emergenza d’acqua. Anche in questo caso è venuto fuori che coloro che avevano fatto la doccia in violazione delle regole avevano sovrastimato, e di molto, il fatto che altri studenti stavano facendo la stessa cosa.

Un’ulteriore ricerca ha intervistato gli australiani sul cambiamento climatico, chiedendo loro quali opinioni pensavano avesse su tale argomento la maggior parte delle persone. I ricercatori hanno così scoperto che le opinioni sul cambiamento climatico sono soggette ad un forte effetto di falso consenso: le persone sovrastimano infatti il numero di coloro che rifiutano l’esistenza del global warming.

L’effetto del falso consenso è stato dimostrato anche negli studi che esaminano il sostegno all’energia nucleare e ai parchi eolici offshore.

Un altro studio mostra invece come le persone abbiano maggiori probabilità di gettare rifiuti nelle aree in cui è già presente molta spazzatura.

Dobbiamo assolutamente evitare di proiettare inconsapevolmente atteggiamenti e convinzioni sugli altri nel tentativo di cercare conferme e rassicurazioni a quanto di sbagliato facciamo.

In questo senso alcune campagne come quella per ridurre il consumo di zuppa di pinne di squalo, l’acquisto di carne o squame di pangolino e contro l’uso di bottiglie in plastica monouso sono importanti in quanto mirano anche a contrastare l’idea che questi comportamenti dannosi per l’ambiente siano diffusi e socialmente accettabili.

Cerchiamo di uscire da questo meccanismo. In fondo, almeno a livello ambientale, sappiamo molto bene che cosa è giusto e cosa non lo è. Non facciamoci influenzare dagli altri o, peggio ancora, dall’opinione spesso errata che abbiamo degli altri. Dobbiamo essere noi l’esempio, in modo da incoraggiare e diffondere comportamenti rispettosi dell’ambiente.

Fonti: The Conversation

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