Dopo il benzo(a)pirene, al centro dell’inchiesta “Ambiente svenduto” che ha visto la condanna nel 2021 di molti dei dirigenti della vecchia gestione aziendale, è la volta del benzene, sui cui non ci sono dubbi: le sue concentrazioni stanno aumentando
Nell’ex Ilva di Taranto si adottino “tutti i possibili interventi correttivi di riduzione delle emissioni di benzene”. Lo scrive Arpa Puglia in una missiva inviata pochi giorni fa ad Acciaierie d’Italia, indicando per la prima volta tutta l’area come la fonte da cui provengono elevate emissioni di benzene, classificato come cancerogeno certo per l’uomo.
Arriva, quindi, una sorta ultimatum da parte dell’agenzia ambientale pugliese, che chiede di intervenire per ridurre quelle emissioni nocive benzene, rilevate soprattutto dalla stazione che si trova nel quartiere Tamburi. Qui, secondo di dati, a novembre 2022 si registrava una media di benzene pari a 3,3 nanogrammi per metro cubo, un valore superiore alle medie rilevate dal 2019 al 202.
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La nota del 5 gennaio, a firma del direttore generale Vito Bruno, del direttore scientifico Vincenzo Campanaro e del direttore del dipartimento di Taranto Vittorio Esposito, ha tra i destinatari anche i commissari straordinari dell’ex Ilva, formalmente proprietari della fabbrica e gestori fino al 2018 (la struttura commissariale avrebbe già risposto alla nota Arpa spiegando che è Acciaierie d’Italia l’attuale gestore e quindi l’unico che può agire per ridurre le emissioni).
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L’intera rete di centraline di qualità dell’aria di pertinenza AdI Spa – si legge nella nota – e il sistema di monitoraggio ad alta risoluzione temporale ottico-spettrale lungo tutto il perimetro dello stabilimento AdI hanno registrato un concomitante incremento delle concentrazioni di benzene.
Nel rapporto, l’Agenzia riporta la media dei primi 11 mesi del 2022 evidenziando che per la stazione Tamburi Via Orsini il valore medio delle rilevazioni tra gennaio e novembre 2022 è di 3,3 microgrammi per metro cubo, superiore alle medie annue dal 2019 fino al 2021. Nel 2019 infatti il valore medio era di 1,3 microgrammi per metro cubo, nel 2020 di 2,8 microgrammi per metro cubo e infine nel 2021 di 2,9 microgrammi per metro cubo. Un valore, com’è evidente, in costante crescita negli ultimi anni. La stessa situazione si può rilevare nella centralina «Tamburi Via Machiavelli»: 1,9 microgrammi per metro cubo nel 2022 rispetto allo 0,8 del 2019, a 1,7 del 2020 e del 2021.
Va da sé che i valori diventano più alti sulle centraline all’interno della fabbrica: nei primi 11 mesi del 2022 la stazione Cokeria ha registrato un valore medio di 33,2 microgrammi per metro cubo: quasi il doppio rispetto al 2019 (18,4 microgrammi per mq), e superiore anche al 2020 e 2021. Anche la stazione di controllo nell’area Parchi minerali, ha raccolto un valore medio di 5,2 microgrammi per metro cubo, superiore alle medie annue del 2019 (1,4), 2020 (3,9) e 2021 (3,9).
Secondo il decreto legislativo 155/2010, la soglia di concentrazione di benzene e di simili sostanze come valore medio annuale non deve superare i pari a 5 microgrammi per metro cubo. Escludendo l’acciaieria, al momento sarebbe “fuori legge” solo una delle centraline – quella cioè dei Parchi minerali. Questo non rende il resto delle zone sicure e fuori pericolo, anche perché “il rispetto del valore limite annuale di 5 microgrammi per metro cubo non garantisce l’assenza di rischi per la salute umana, soprattutto in una popolazione, come quella dell’area di Taranto, esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sullo stato di salute”, ha spiega l’Asl di Taranto in una nota del 28 dicembre.
Una questione che sembra ripercorrere l’emergenza legata al benzo(a)pirene di più di 10 anni e che poi scaturì nella maxi inchiesta di Ambiente Svenduto, che ha portato alle condanne per la famiglia Riva e la dirigenza di quella gestione aziendale.
Oggi, Arpa Puglia chiede direttamente ai gestori di ridurre immediatamente le emissioni di benzene. La risposta ancora non c’è e, anzi, frattanto il Governo dichiara di voler introdurre per decreto l’immunità penale a favore degli amministratori ex Ilva, facendo in modo che i magistrati non possano emanare provvedimenti interdittivi, come i sequestri nei confronti dello stabilimento.
Ex Ilva, la storia infinita.
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Fonte: ARPA Puglia
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