Governi, agricoltori ed imprese sottoscrivono un piano per proteggere il territorio e rendere la nostra alimentazione più sostenibile
Governi, agricoltori ed imprese sottoscrivono un piano di azioni urgenti per proteggere il territorio e rendere la nostra alimentazione più sostenibile per il futuro
Circa un quarto delle emissioni di gas serra mondiali derivano dallo sfruttamento del terreno per scopi agricoli, e ciò rende necessaria una riforma nel modo in cui produciamo e consumiamo il cibo per provare ad arrestare gli effetti del cambiamento climatico. Ecco perché 45 governi nazionali, guidati dal Regno Unito, hanno firmato sabato scorso un piano di azioni urgenti e di investimenti da più di 4 miliardi di dollari volti a proteggere la natura e favorire il passaggio verso metodi agricoli più sostenibili e rispettosi degli ecosistemi.
Le attività agricole contribuiscono fortemente alle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Per questo, se vogliamo davvero limitare l’aumento delle temperature globali a +1,5°C entro la fine del secolo, dobbiamo agire in ogni parte della società, inclusi i sistemi di gestione degli ecosistemi e di produzione di cibo su scala mondiale – ha spiegato George Eustice, Segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali del Regno Unito.
Il Regno Unito ha pianificato di investire almeno 3 miliardi di sterline in interventi a sostegno della natura e della biodiversità – compresi 500 milioni per la protezione di cinque milioni di ettari di foresta pluviale dalla deforestazione. Ma non solo: il fondo sosterrà le “agende” nazionali che i vari governi hanno immaginato per creare sistemi alimentari più sostenibili. Fra i paesi firmatari dell’impegno ci sono India, Giappone, Stati Uniti, Germania, Marocco, Etiopia e Vietnam.
Questo accordo è solo uno dei tanti che sono stati siglati durante la prima settimana della Conferenza delle Parti di Glasgow (altri per esempio includono lo stop ai finanziamenti all’industria del carbone o la fine della deforestazione entro il 2030). Tuttavia, qualcuno si chiede se accordi come questo possano rivelarsi davvero efficaci per contrastare la crisi climatica, visto che non tutti i Paesi sono disposti a firmarli – anzi, proprio i Paesi maggiormente responsabili di inquinamento e emissioni sono quelli più restii a “mettere la firma” in favore della difesa dell’ambiente.
Inoltre, le associazioni ambientaliste sostengono che un accordo del genere si occupi di questioni superficiali e non tenga conto dei reali problemi alla base del sistema alimentare globale – come gli allevamenti intensivi e la produzione di carne e latticini, principali responsabili della deforestazione e delle emissioni di gas serra. Intaccare questi sistemi produttivi rappresenterebbe davvero la svolta nel contrasto al cambiamento climatico, ma richiederebbe allo stesso tempo una trasformazione dei sistemi economici che i governi e le aziende non sembrano intenzionati a intraprendere.
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Fonte: UK Government
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