Indipendenza. È questa la sua parola magica. E indipendenza fa rima con difesa dall'assalto delle multinazionali. José Pepe Mujica, ex presidente dell'Uruguay, che lunedì 21 settembre è venuto in visita in Italia a Expo
80 anni e ancora tanta energia per trasmettere le sue idee. È José Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay, che lunedì 21 settembre è venuto in visita in Italia a Expo. Il suo stile di vita è il suo miglior manifesto politico. Conosciuto in tutto il mondo come “il Presidente povero”, quando era alla guida dello stato sudamericano ridava indietro una cifra pari al 90% del suo stipendio, gli serviva molto meno per vivere e i soldi risparmiati li consegnava puntualmente a organizzazioni non governative e persone bisognose.
Sempre in quel periodo, alle bellissime camere del palazzo presidenziale, preferiva la sua piccola fattoria alla periferia di Montevideo dove ancora oggi vive. E a macchine lussuose, guidate da autisti in doppio petto, sceglieva di muoversi con il suo maggiolone degli anni ’70 che, nonostante le offerte ricevute da mezzo mondo, non venderà mai.
Tornando alla giornata in Expo, José Mujica ha prima visitato Palazzo Italia, poi il padiglione dell’Uruguay e nel mezzo anche una sosta a Cascina Triulza. Proprio nella cascina l’ex presidente ci teneva a toccare con mano lo spazio destinato alla società civile che – come lui stesso ha affermato – “ha nelle organizzazioni che la compongono i ruoli fondamentali, ma è importante che rimangano indipendenti”.
Foto di Alessandro Ribaldi
La burocrazia e il volersi trasformare a tutti costi in enti sono, infatti, minacce. “Da realtà che possono aiutare in questo modo – racconta sempre Mujica – diventano mostri in grado di speculare sulle persone e sulle situazioni dalle difficili problematiche”.
Indipendenza. È questa la sua parola magica. Indipendenza nel lavoro fatto da queste associazioni in grado di permettere ai cittadini di provvedere a se stessi autonomamente. Ma indipendenza anche quando afferma che la famiglia è l’ingranaggio fondamentale in un motore chiamato società. La sua politica, infatti, è basata principalmente sulla figura dei piccoli agricoltori che se vengono tutelati possono essere la risorsa per il rilancio di un paese.
Indipendenza, in questo caso, quindi, fa rima con difesa dall’assalto delle multinazionali. Il presidente più povero del mondo non crede che la cultura della globalizzazione possa essere un’alleata, tutt’altro lui la considera la zavorra con la quale affossare un’economia fiorente.
Numeri alla mano il “suo” di Uruguay nel 2013 ne faceva registrare di sorprendenti: un tasso di crescita pari al 4.4%, una disoccupazione che diminuiva arrivando intorno al 6%, poi la riduzione della povertà estrema che passava dal 5% al 0.5%, così come quella della popolazione che viveva sotto la soglia di povertà che con lui arrivò all’11% e, solo un decennio prima, era al 39%.
Tutelare chi lavora la propria terra è sicuramente la ricerca per crescere. “Una ricetta difficile – dice – ma non impossibile. Diventare indipendenti, produrre in modo autonomo senza intermediari che speculano è un passo difficile da compiere, ci vuole fatica e tanto sacrificio, dipende da noi“. In altre parole Mujica vuole ridurre l’intermediazione commerciale e vendere direttamente al consumatore per fomentare un modello di agricoltura sociale.
Sempre a Expo Mujica ha aperto la conferenza internazionale su Agricoltura sociale e microcredito parlando di agricoltura sociale come strumento di riscatto. “La gente del mondo tende oramai a concentrarsi nelle grandi città, con conseguente abbandono delle campagne. Lo spreco di cibo pari al 30% di quello prodotto, equivalente a quello che si mangia in Malesia, e l’economia agricola tende a soffermarsi su interessi di grandi multinazionali. In questo contesto, l’economia industriale si trova in difficoltà ad assorbire tutta la forza lavoro giovanile e nelle cascine di campagna, anche in quelle della Liguria da dove sono arrivati molti immigrati in America Latina, non ci sono più allevatori e mucche. Da qui nasce l’idea di Agricoltura Sociale, in un mondo ricco dove la ricchezza non è distribuita in maniera equa, che può essere un rifugio per reinserire le persone che non trovano lavoro”.
E in Europa questo approccio è possibile? “Io non sono europeo, sono sudamericano. So però che questo continente è quello che ha più strumenti per poter riuscirci. Se non succede è per mancanza di unità politica, l’uomo di questo mondo può fare due cose: dominarlo oppure distruggerlo“. Resta a noi, quindi, decidere da che parte stare.
Alessandro Ribaldi
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