Si è svolta ieri la Giornata mondiale per la riduzione dei disastri ambientali sul tema della “Conoscenza per la vita”, perché le conoscenze tradizionali e indigene hanno un ruolo fondamentale nel costruire una resilienza ai disastri naturali
Si è svolta ieri la Giornata mondiale per la riduzione dei disastri ambientali. In concomitanza con il lanciato da Cespi, Focsiv e Wwf su migrazioni e cambiamenti climatici, l’Onu ho promosso, come ogni 13 ottobre, questa giornata per prendere in considerazione l’importanza della prevenzione delle calamità e salvare così vite umane.
Il tema di quest’anno è la “Conoscenza per la vita”, perché le conoscenze tradizionali e indigene hanno un ruolo fondamentale nel costruire una resilienza ai disastri naturali.
Negli ultimi 18 anni, la Commissione europea ha finanziato progetti di “Disaster Risk Reduction” in zone a rischio catastrofi come le Filippine. Composto da centinaia di isole, il paese è particolarmente vulnerabile, con oltre 20 tifoni all’anno, in media, per non parlare dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche.
Gli sforzi per rafforzare la resilienza delle comunità vulnerabili all’andamento dei disastri più frequenti e devastanti, non necessariamente comporta costi onerosi. I bambini del Malawi, per esempio, stanno assumendo un ruolo attivo nella prevenzione di un disastro piantando alberi intorno alla loro scuola.
Assistere le persone e le comunità a resistere e a scongiurare una distruzione oggi è più efficace che rispondere a una vera crisi domani e ricostruire. “Abbiamo l’obbligo morale di aiutare le persone e le comunità a riprendersi dagli shock, a resistere ai disastri. In parole semplici, per aiutarli a rafforzare la loro capacità di recupero”, ha dichiarato il commissario Stylianides.
Le ultime 4 edizioni della Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri Naturali sono state dedicate rispettivamente ai bambini, alle donne, ai disabili e agli anziani, le figure che più soffrono in seguito a delle catastrofi, ma che hanno gran parte della forza per la ricostruzione e la trasmissione di tradizioni che i popoli devono scambiare tra di loro.
Quelle persone, le “indigene”, sono 370 milioni in tutto il mondo e sono quelle che, scongiurando apocalittiche migrazioni a causa di siccità, ondate di calore, tempeste e alluvioni, possono trasmettere la propria cultura nella quale può risiedere la speranza per imparare a resistere e a reagire nel modo migliore alle catastrofi naturali.
“Molte tradizioni, usi e costumi importanti per la protezione ambientale e la gestione del rischio di disastri sono custodite in lingue che oggi rischiano di sparire. In contesti rurali e urbani, le persone indigene hanno vulnerabilità ed esigenze uniche nella riduzione del rischio e nel recupero post-catastrofe, e allo stesso tempo hanno capacità e conoscenze uniche”, spiega l’Onu.
Quello che ci vorrebbe è che ogni giorno sia il giorno contro i disastri ambientali, quello in cui ci mettiamo in testa che magari è inutile prendere la macchina, comprare tutta quella carne, consumare acqua a go go, accendere l’aria condizionata. Ognuno di noi, indistintamente, potrebbe rinunciare a qualcosa senza per questo sconvolgere la propria esistenza, anzi garantendone una migliore ai propri figli.
Germana Carillo
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