È stata pubblicata questa notte la bozza del documento finale della COP26. Ecco cosa contiene e quali sono i punti deboli
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È stata pubblicata questa notte la bozza del documento finale della COP26. Ecco cosa contiene e perché – concepita così – potrebbe non essere sufficiente a salvarci dalla catastrofe climatica
Mancano due giorni alla chiusura dei lavori della COP26, in corso a Glasgow. Tanti gli interventi dei vari leader mondiali su questioni urgenti e gli accordi presi, molti dei quali piuttosto deboli per fare davvero la differenza nella lotta alla crisi climatica.
Ma, tirando le somme, cosa è stato deciso per il futuro del Pianeta? Nel corso della notte è stata ultimata la bozza del documento finale della Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, che dovrà poi essere esaminata di singoli governi per essere approvata. Scopriamo cosa prevede.
Riduzione delle emissioni di CO2 del 45% entro il 2030
Nel documento, non ancora definitivo, si “riafferma l’obiettivo globale di lungo termine di tenere l’aumento della temperatura globale media ben sotto 2 gradi dai livelli pre-industriali, e di perseguire gli sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 C dai livelli pre-industriali”. La COP26 riconosce che “limitare il riscaldamento globale a 1,5 C al 2100 richiede rapide, profonde e sostenute riduzioni delle emissioni globali di gas serra, compreso ridurre le emissioni globali di anidride carbonica del 45% entro 2030 rispetto al livello del 2010 e a zero nette intorno alla metà del secolo”.
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Inoltre, si riconosce che l’impatto dei cambiamenti climatici sarà molto più basso con un aumento della temperatura a 1,5 C, sottolineando che ciò richiede “azioni significative ed efficaci da tutte le parti in questo decennio critico, sulla base della miglior conoscenza scientifica disponibile”.
Nella bozza, si invitano, quindi i leader mondiali a considerare ulteriori opportunità per “ridurre le emissioni di gas serra che non sono anidride carbonica” e di “accelerare l’eliminazione del carbone e dei sussidi ai combustibili fossili”. Un altro aspetto che viene sottolineato è “l’importanza critica delle soluzioni basate sulla natura e degli approcci basati sugli ecosistemi, compresa la protezione e il ripristino delle foreste, nel ridurre le emissioni e proteggere la biodiversità”.
La bozza di documento finale della Cop26 “riconosce che limitare il riscaldamento globale a 1,5 C al 2100 richiede rapide, profonde e sostenute riduzioni delle emissioni globali di gas serra, compreso ridurre le emissioni globali di anidride carbonica del 45% al 2030 rispetto al livello del 2010 e a zero nette intorno alla metà del secolo”.
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Fondi per i Paesi in via di sviluppo entro il 2023
Un altro punto che viene affrontato nella bozza del documento finale riguarda gli aiuti economici verso i Paesi meno sviluppati. Nel testo si legge che la COP26 “accoglie favorevolmente gli impegni accresciuti presi dai Paesi sviluppati” per il fondo di aiuti agli Stati più poveri, previsto dall’Accordo di Parigi. La Conferenza delle Parti “sottolinea la necessità di un aumento del sostegno delle parti ai paesi in via di sviluppo, oltre l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno”.
In realtà questo avrebbe dovuto essere raggiunto già nel 2020, ma così non è stato. Le promesse non sono state mantenute. Gli autori della bozza chiedono, inoltre, al settore privato, alle banche multilaterali di sviluppo e ad altre istituzioni finanziarie di migliorare la mobilitazione della finanza.
Maggior coinvolgimento dei popoli indigeni, dei giovani e delle donne nell’azione climatica
Infine, il documento redatto dalla presidenza della COP26 sottolinea l’importante ruolo giocato dai popoli indigeni, grazie alla loro conoscenza ed esperienza diretta, nella lotta alla crisi climatica. Per questo si esortano le Parti a coinvolgerli attivamente nei processi decisionali.
La bozza poi “incoraggia le parti ad accrescere la piena, significativa ed eguale partecipazione delle donne nell’azione climatica, e a garantire attuazione e mezzi di attuazione rispettosi del genere”.
Un ultimo passaggio fa riferimento al contributo delle giovani generazioni nella difesa dell’ambiente. La presidenza della COP26 esprime il suo apprezzamento per la “Youth4Climate che si è tenuta a Milano a settembre, sollecitando le Parti e i soggetti interessati a garantire significativa partecipazione dei giovani nel processo decisionale” sia dell’Unfccc che dell’Accordo di Parigi.
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Basterà un documento a cambiare davvero le cose?
Alcuni di quelli contenuti nella bozza del documento finale sono obiettivi ambiziosi, ma il timore di tanti attivisti per il clima (e anche il nostro) è che si tratti solo di parole vuote che difficilmente verranno tramutate in realtà, come dimostra il flop dello stanziamento dei 100 miliardi di dollari all’anno (non ancora pervenuti) per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Nel documento viene presentata una serie di incoraggiamenti. Manca una presa di posizione ferrea di cui la Terra ha bisogno.
Questa bozza di accordo non è un piano per risolvere la crisi climatica, è un accordo in cui tutti incrociamo le dita e speriamo per il meglio – denuncia Greenpeace International – È una richiesta educata fatta nei confronti nei Paesi che forse si impegneranno di più l’anno prossimo. Beh, questo non è abbastanza e i negoziatori non dovrebbero nemmeno pensare di lasciare questa città finché non hanno concordato un accordo che soddisfi il momento. Perché sicuramente, questo non lo fa. Abbiamo appena realizzato uno importante studio che stiamo andando incontro a un riscaldamento globale di 2,4 °C. Il compito di questa conferenza è sempre stato quello di portare quel numero a 1,5°C, ma con questo testo i leader mondiali lo rimandano all’anno prossimo. Se questo è il meglio che riescono a inventare, non c’è da meravigliarsi che i ragazzi di oggi siano furiosi con loro.
Secondo Greenpeace, quello presentato è un documento debolissimo sotto diversi aspetti:
Il testo dovrebbe essere molto più forte su finanza e adattamento e includere numeri reali nell’ordine di centinaia di miliardi, con un piano di sostegno concreto per le nazioni meno sviluppate. E abbiamo bisogno di vedere un accordo che impegni i Paesi a tornare ogni anno con piani nuovi e migliori fino a quando insieme non riusciremo a rimanere al di sotto della soglia di 1,5° C di riscaldamento globale. E mentre il testo chiede un’eliminazione accelerata dei sussidi al carbone e dei combustibili fossili, demolitori come i governi saudita e australiano lavoreranno per sventrare quella parte prima della chiusura di questa conferenza. I ministri hanno ora tre giorni per capovolgere la situazione e portare a termine il lavoro qui a Glasgow invece di dare ancora una volta dei calci al clima.
Inoltre, nella bozza del documento finale della COP26 non si fa alcun riferimento ad una questione cruciale per la lotta alla crisi climatica: gli allevamenti intensivi. Tutto ciò nonostante sia ormai chiaro a tutti – come confermato da numerosi studi scientifici – che siano tra le prime cause di emissione di gas serra e di deforestazione a livello globale.
Insomma, la COP26 avrebbe potuto fare decisamente di più per il nostro Pianeta. Abbiamo sprecato l’ennesima occasione.
Fonti: UNFCCC/Greenpeace International
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