Raggiunto un accordo definito "storico", ma firmato solo da 24 Paesi e caratterizzato dalle assenze dei principali produttori.
L’Italia, alla fine, non rinuncia alle auto a benzina e non firma l’accordo per metterle al bando entro il 2035. Secondo il nostro Ministero dello Sviluppo Economico l’accordo è solo una “trappola ideologica”, ma la realtà è la preoccupazione per le moltissime aziende di componentistica per auto a combustibili fossili. Che nulla ha a che vedere con il clima.
Alcuni Paesi, inclusi alcuni di economie emergenti, e un piccolo gruppo di case automobilistiche, escluse VW, BMW e Toyota, si sarebbero impegnati a porre fine all’era dei veicoli alimentati a combustibili fossili entro il 2040 ed “entro il 2035 nei principali mercati”. Ma l’Italia non c’è.
L’accordo per vendere solo veicoli a emissioni zero vede tra i firmatari alcuni che in realtà che avevano già deciso di eliminare gradualmente le auto a benzina e diesel vendite entro il 2030. Mentre Ford, Mercedes, Volvo e Mercedes-Benz sono tra le case automobilistiche che hanno firmato impegnandosi a raggiungere l’obiettivo entro il 2035 nei “mercati leader”.
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Il trasporto su strada rappresenta il 17% delle emissioni globali e le sue emissioni stanno aumentando più rapidamente di altri settori. Pur non essendo l’unica causa di aumento di emissioni, sono uno dei principali su cui lavorare per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
It’s Transport Day at #COP26
Road transport accounts for 17% of global emissions, and its emissions are rising faster than other sectors.
We need to speed up our move to zero emission vehicles.
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— COP26 (@COP26) November 10, 2021
Cosa dice l’accordo sui trasporti
In qualità di rappresentanti di governi, imprese e altre organizzazioni che hanno un’influenza sul futuro dell’industria automobilistica e del trasporto su strada, ci impegniamo ad accelerare rapidamente la transizione ai veicoli a emissioni zero per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. (Chiariremo che questa dichiarazione non è legalmente vincolante e focalizzata a livello globale)
Insieme, lavoreremo affinché tutte le vendite di auto e furgoni nuovi siano a emissioni zero (a scanso di equivoci, nel contesto di questa dichiarazione un’auto e un furgone a emissioni zero sono quelli che producono zero emissioni di gas serra al tubo di scappamento.) a livello globale da 2040, ed entro il 2035 nei principali mercati
L’ultima frase è in realtà un indebolimento di quanto originariamente previsto: inizialmente infatti l’accordo doveva impegnare i partecipanti, sia i produttori di auto sia Governi, a fare in modo che “entro il 2035 o prima” tutte le nuove auto e i furgoni fossero a zero emissioni. Nel testo finale, invece, questo obiettivo è diventato orizzonte 2040 – 5 anni più tardi – e per di più soltanto nei “principali mercati”.
I Governi firmatari: l’Italia non c’è
No, per l’Italia questo è un “trappola ideologica”, come riferito a Il Corriere della Sera Giancarlo Giorgetti. Il nostro Paese è in effetti leader nella produzione di componentistica di auto a benzina. E la loro messa al bando sarebbe un duro colpo. Senza alcun tentativo di riconversione, queste affermazioni, comunque, poche relazioni hanno con il clima e il futuro del nostro Pianeta.
Ecco chi ha firmato (anche se testo precisa che l’accordo non è legalmente vincolante):
Paesi di economie avanzate
- Austria
- Azerbaijan
- Belgio
- Cambodia
- Canada
- Capo Verde
- Cile
- Città del Vaticano
- Croazia
- Cipro
- Danimarca
- El Salvador
- Finlandia
- Islanda
- Irlanda
- Israele
- Liechtenstein
- Lituania
- Lussemburgo
- Malta
- Paesi Bassi
- Nuova Zelanda
- Norvegia
- Polonia
- Slovenia
- Svezia
- UK
- Uruguay
Paesi di economie emergenti
- Repubblica Domenicana
- Ghana
- India
- Kenya
- Secretariat of Economy, Messico
- Morocco
- Paraguay
- Rwanda
- Turchia
- Uruguay
A onor del vero, comunque, l’Italia non è completamente assente, in quanto le città di Bologna, Firenze e Roma compaiono tra i firmatari dei governi locali. Ma senza un impegno nazionale il tutto appare comunque molto debole.
Fonti: COP26 / Il Corriere della Sera
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