Erbicidi e uso eccessivo del suolo, ti spiego perché le api non fanno più miele

I raccolti di miele negli Stati Uniti sono diminuiti sensibilmente a partire dagli anni ’90, in concomitanza con i cambiamenti climatici, l’uso del territorio e l’applicazione su larga scala di pesticidi. Molti sono i fattori che influenzano la produzione di miele, ma il principale - secondo questo studio - è la disponibilità di fiori

Negli States come nel resto del mondo le api non producono più miele come una volta. Un dato già noto ai più attenti, ma che è destinato ad essere confermato di volta in volta da sempre nuove ricerche se le cose non cambieranno drasticamente.

Di recente, lo studioExamining spatial and temporal drivers of pollinator nutritional resources: evidence from five decades of honey bee colony productivity data”, pubblicato da un alcuni entomologi del Center for Pollinator Research dell’Huck Institutes of the Life Sciences della Pennsylvania State University (PSU), ha evidenziato i motivi principali a causa dei quali mancherebbe nel corso del tempo sempre più miele.

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Utilizzando 50 anni di dati provenienti da tutti gli Stati Uniti, gli studiosi hanno preso in esame i potenziali fattori e i meccanismi che potrebbero influenzare il numero di fiori che crescono in diverse regioni e, per estensione, la quantità di miele prodotta dalle api mellifere arrivando a una netta conclusione: i cambiamenti nella resa del miele nel tempo sono collegati all’applicazione di erbicidi e all’uso del territorio.

Lo studio

I ricercatori partono da un dato fondamentale: nei dati successivi al 1992 il clima è diventato sempre più legato alla resa del miele.

I dati messi sotto la lente di ingrandimento e provenienti da diversi database open source includevano informazioni deli USA continentali come:

  • la resa media di miele per colonia di api mellifere
  • l’utilizzo del terreno
  • l’uso di erbicidi
  • clima
  • anomalie meteorologiche
  • produttività del suolo

Nel complesso, i ricercatori hanno scoperto che «Le condizioni climatiche e la produttività del suolo – la capacità del suolo di sostenere le colture in base alle sue proprietà fisiche, chimiche e biologiche – erano alcuni dei fattori più importanti nella stima della resa del miele.

Gli Stati, sia nelle regioni calde che in quelle fredde, producevano rese di miele più elevate quando avevano terreni produttivi. Le condizioni ecoregionali del suolo e del clima stabiliscono i livelli di base della produzione di miele, mentre i cambiamenti nell’uso del territorio, nell’uso di erbicidi e nelle condizioni meteorologiche influenzano la quantità prodotta in un dato anno, dicono.

Secondo i ricercatori, insomma, uno dei maggiori fattori di stress per gli impollinatori è la mancanza di fiori in grado di fornire abbastanza polline e nettare per il cibo. Poiché diverse regioni possono supportare diverse piante da fiore a seconda del clima e delle caratteristiche del suolo, c’è un crescente interesse nell’identificare regioni e territori con abbastanza fiori da renderli adatti alle api».

Una delle scoperte più interessanti è stata l’importanza della produttività del suolo, che è un fattore sottoesplorato nell’analisi di quanto i diversi territori siano adatti per gli impollinatori. Mentre molti studi hanno esaminato l’importanza dei nutrienti nel suolo, meno lavoro è stato fatto su come le caratteristiche del suolo come la temperatura, la texture, la struttura – proprietà che aiutano a determinare la produttività – influenzano le risorse degli impollinatori, spiega Gabriela Quinlan, che è ricercatrice post-dottorato della National Science Foundation (NSF).

I ricercatori hanno anche scoperto che la diminuzione dei terreni coltivati ​​a soia e l’aumento dei terreni del Conservation Reserve Program, un programma di conservazione nazionale a tutela degli impollinatori, hanno entrambi avuto effetti positivi sulla resa del miele. Anche i tassi di applicazione degli erbicidi sono stati importanti per prevedere la resa del miele, potenzialmente perché la rimozione delle infestanti in fiore può ridurre le fonti nutrizionali disponibili per le api.

I nostri risultati forniscono preziose informazioni che possono essere applicate per migliorare i modelli e progettare esperimenti per consentire agli apicoltori di prevedere la resa del miele, ai coltivatori di comprendere i servizi di impollinazione e ai gestori del territorio di supportare le comunità di piante impollinatrici e i servizi ecosistemici, concludono i ricercatori.

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