Chi insegnerà educazione ambientale nelle scuole? Docenti formati da ENI. Scoppia l'indignazione di insegnanti e associazioni.
È senz’altro importante che a scuola si parli di educazione ambientale ma è alquanto curioso che a formare i docenti italiani sul tema sia ENI. Lo hanno annunciato l’azienda e l’ANP, Associazione Nazionale Presidi, che hanno stipulato un accordo per l’avvio di un programma di incontri gratuiti, in collaborazione con l’ente formativo Dirscuola, su 4 macro-tematiche: cambiamento climatico, rifiuti, efficienza energetica e bonifica dei siti contaminati.
In breve Eni e Anp organizzeranno in tutta Italia dei seminari sulle tematiche ambientali, per affiancare le scuole e formare i docenti supportandone la capacità progettuale. Insomma anziché rilanciare la scuola, come modello di organizzazione che si basa sull’applicazione di un nuovo paradigma ecologico, ci sono Dirigenti Scolastici che consentono ad Eni addirittura di formare i docenti sulle tematiche ambientali.
Il programma è stato avviato perché la legge n.92 del 20 agosto 2019 prevede che l’anno scolastico 2020/2021 inserisca “l’insegnamento dell’educazione civica, comprensivo dell’educazione ambientale, nelle scuole di ogni ordine e grado in Italia“. Una decisione importante e significativa per il nostro paese, che è addirittura il primo al mondo ad aver introdotto la sostenibilità come materia scolastica, purtroppo del tutto vanificata dal coinvolgimento di un’azienda come l’Eni. Tanti buoni propositi che avrebbero potuto davvero fare la differenza, e renderci orgogliosi del nostro paese, e che invece, come al solito, si sono rivelati inutili. D’altronde è paradossale che a insegnare “sostenibilità” a scuola sia una delle aziende che inquinano di più, accusata di enormi disastri ambientali. Sarebbe come assegnare la cattedra di matematica a un docente che non sa contare fino a 10!
A denunciare per prime quello che può sembrare un grande ossimoro sono state le insegnanti di Teachers For Future Italia, collettivo facente parte del movimento Fridays for Future, che raggruppa insegnanti di ogni ordine e grado particolarmente sensibili ai temi ambientali. Lo hanno fatto con un comunicato in cui dichiarano di aver accolto positivamente la decisione dell’Italia di rendere obbligatorio lo studio dei cambiamenti climatici, chiarendo però da subito che
“sarebbe stato necessario rivoluzionare totalmente il ruolo che ha la scuola nella nostra società, nel senso che essa non poteva più permettersi di riprodurre il modello di sviluppo dominante.“
E invece, ecco arrivare la sconcertante notizia dell’accordo stipulato tra Anp ed Eni, appresa da un comunicato dell’Associazione Nazionale Presidi, secondo il quale
“il Presidente Antonello Giannelli, e il chief services & stakeholder relations officer Eni, Claudio Granata, hanno presentato ieri presso la sede Eni di Roma, il programma congiunto di incontri sui temi della sostenibilità ambientale dedicato alle scuole italiane.”
Programma che prevede, come premesso, degli incontri gratuiti per docenti sui temi ambientali, da cui Teachers for Future Italia ha preso le distanze dato che Eni
“continua a fare un uso sfrenato dei combustibili fossili” ed “è responsabile di immani devastazioni ambientali, dello sfruttamento dei paesi poveri, di corruzione e greenwashing“.
Le insegnanti del movimento hanno quindi invitato i docenti a boicottare l’iniziativa, sottolineando che
“Eni è e resta il simbolo assoluto del sistema che il nostro movimento vuole cambiare per ottenere giustizia climatica e ambientale e per combattere l’ecocidio.”
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A Tachers for Future Italia hanno iniziato a fare eco anche varie associazioni ambientaliste, dichiarandosi molto preoccupate. Tra queste Greenpeace, Kyoto Club e Legambiente, che hanno a loro volta evidenziato il paradosso sottolineando che l’Eni è un’azienda privata che fa profitti sfruttando i fossili, tutt’altro che estranea all’inquinamento ambientale:
“Appare paradossale che sia proprio l’Eni, che ha responsabilità non irrilevanti proprio su due dei temi che riguarderanno le attività di insegnamento, “cambiamenti climatici” e “territori da bonificare“, ad essere chiamata dai Presidi a svolgere un ruolo chiave in questo percorso formativo. Percorso che, invece, dovrebbe essere svolto da soggetti terzi, rappresentanti degli interessi collettivi e non di un’azienda privata che, non solo fa profitti sfruttando i fossili – di cui si dovrebbe ridurre drasticamente il consumo, se vogliamo evitare l’aumento esponenziale delle temperature nel nostro Pianeta – ma che, in questi anni è stata responsabile di grandi impatti ambientali sul nostro territorio. “
Basti pensare al diesel definito “green” di uno spot che lo spacciava per sostenibile nonostante fosse, come sottolineato dall’Antitrust, altamente inquinante. E al lungo dossier di Legambiente incentrato proprio su Eni che la definiva “nemica del clima” lanciando un allarme sul “pericolo che l’azienda rappresenta, se le sue politiche non cambieranno direzione di marcia”. L’ENI nel 2018, secondo il dossier, ha prodotto 1,9 milioni di barili al giorno, il numero più alto mai registrato dalla compagnia, (+5% di produzione rispetto al 2017). Per non parlare dei disastri ambientali di cui è stata accusata, come a Gela in Sicilia, e dello sfruttamento a suo carico di uno dei giacimenti on shore più grossi d’Europa, in Val d’Agri, Basilicata.
Oltre alle associazioni citate, anche Italian Climate Network, associazione da anni impegnata in percorsi di educazione con i ragazzi grazie al Progetto Scuola e nel programma gratuito #EmergenzaClima per docenti, ha espresso la stessa preoccupazione, sottolineando che l’educazione ambientale dovrebbe essere condotta da soggetti competenti, che rappresentino gli interessi collettivi.
Tutte queste associazioni chiedono che l’Eni venga rimpiazzata al più presto da esperti super partes, che di certo non mancano dato l’alto numero di associazioni e organizzazioni non governative che portano avanti, già da anni, programmi di educazione ambientale. E noi ci uniamo all’appello.
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