Sorgerà a Sannazzaro de' Burgondi (Provincia di Pavia) e produrrà a pieno regime 23.000 barili di gasolio al giorno, quasi 1.000 ogni ora. Sarà la nuova raffineria dell'Eni, i cui cantieri sono stati inaugurati ieri in presenza dell'Amministratore Delegato e Direttore Generale Paolo Scaroni. La scelta della sede non è casuale, dato che qui, in questo piccolo comune lombardo di circa 6.000 abitanti, una raffineria Eni esiste già: è una delle più grandi d'Italia, in grado di soddisfare il fabbisogno di prodotti petroliferi di tutto il nord-ovest del paese. Perché allora costruirne un'altra? Semplice, perché il greggio non sarà lavorato secondo metodi tradizionali, ma con la tecnologia Eni Slurry Technology (EST).
Sorgerà a Sannazzaro de’ Burgondi (Provincia di Pavia) e produrrà a pieno regime 23.000 barili di gasolio al giorno, quasi 1.000 ogni ora. Sarà la nuova raffineria dell’Eni, i cui cantieri sono stati inaugurati ieri in presenza dell’Amministratore Delegato e Direttore Generale Paolo Scaroni. La scelta della sede non è casuale, dato che qui, in questo piccolo comune lombardo di circa 6.000 abitanti, una raffineria Eni esiste già: è una delle più grandi d’Italia, in grado di soddisfare il fabbisogno di prodotti petroliferi di tutto il nord-ovest del paese. Perché allora costruirne un’altra? Semplice, perché il greggio non sarà lavorato secondo metodi tradizionali, ma con la tecnologia Eni Slurry Technology (EST).
Una tecnologia – l’ETS – che viene presentata dalla stessa Eni – proprietaria del brevetto – come “a minimo impatto ambientale”. Il motivo è presto detto: essa non si basa sugli idrocarburi tradizionali, ma su quelli cosiddetti non convenzionali (sabbie bituminose, petrolio pesante, ecc…) In pratica, tutti gli scarti dei pozzi petroliferi la cui conversione in benzina, gasolio diesel, jet fuel e così via si è dimostrata fino ad oggi dispendiosa e inquinante. Inoltre, tale tecnologia non produce sottoprodotti ma converte completamente la carica a distillati. Il progetto sarà completato entro la fine del 2012 e prevede un investimento complessivo pari a circa 1,1 miliardi di euro.
Euforia generale da parte dei presenti alla conferenza stampa di inaugurazione: tra gli altri il Ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, il Governatore della Lombardia Roberto Formigoni e il Ministro per l’Ambiente (!) Stefania Pretigiacomo. A loro sono andati i ringraziamenti di Paolo Scaroni per “il ruolo fondamentale nell’avviare rapidamente il progetto”. Progetto che, è bene ricordarlo, prevederà ulteriori trivellazioni in cerca di greggi pesanti da parte della E&P in paesi, come il Venezuela e il Congo, già tartassati dagli effetti devastanti dell’oro nero.
Ma non è tutto perché quella di ieri è stata anche l’occasione per il Ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani di ribadire “le nuove linee strategiche dell’energia per l’Italia” alla luce del dietrofront sul nucleare del Governo. Per questo Romani convocherà “per settembre-ottobre una conferenza sull’energia perché in Italia il problema dell’energia non è mai stato vissuto a livello strategico, tenendo conto dell’approvvigionamento, del risparmio e dell’efficienza energetica“.
Il Ministro, lo stesso che dà il nome al decreto “ammazza rinnovabili” ha poi sottolineato: “non so se siamo nel post-nucleare, certo è che il governo ha abrogato la legge che ci consentiva di tornare all’atomo e poi c’è il tema della sicurezza che è assolutamente centrale in Europa. Per questo motivo abbiamo l’obbligo di immaginare una nuova strategia energetica nazionale nella quale siano coinvolti tutti i soggetti industriali: Eni, Enel e Terna“.
Una strategia orientata a quanto pare, visto anche il luogo dell’annuncio, a seguire fonti energetiche fossili che non sembrano più interessare nessuno. Tranne ovviamente chi le produce.
Roberto Zambon