Trasformare gli scarti dell’olio d’oliva in energia rinnovabile per alimentare le case

In Spagna e nella Striscia di Gaza sono in corso numerosi progetti per produrre energia pulita, nel rispetto dell'ambiente.

Lo scorso 9 gennaio, la società spagnola produttrice di energia rinnovabile Ence Energia y Celulosa SA ha annunciato l’imminente apertura in Spagna di un nuovo impianto di biomassa da 50-megawatt.

L’impianto di biomassa di Puertollano (Spagna)

Costruito nei pressi di Puertollano, denominata “Biollano”, moderna cittadina spagnola situata nella comunità autonoma di Castiglia-La Mancia, l’impianto ha incorporato le più innovative tecnologie del settore ed è a basso impatto di emissioni di CO2. Si stima che l’impianto sia in grado di consumare circa 238.000 tonnellate di biomassa ogni anno, impiegando sansa di oliva, tralci di vite, foglie di olivo, biomassa legnosa e resti agricoli, che fungono da combustibile primario.

Ence ha investito circa 100 milioni di euro (111 milioni di dollari) per il suo nuovo progetto, nella speranza di frenare l’incontrollata e non regolamentata combustione dei residui agricoli in Spagna. La società spagnola stima che, una volta giunto a regime, l’impianto sarà in grado di produrre elettricità sufficiente a soddisfare i bisogni di consumo di oltre 60.000 persone ogni anno.

Gli scarti derivanti dal processo di estrazione dell’olio d’oliva sono tutt’altro che trascurabili, non solo in Spagna ma anche nel resto del mondo. I sottoprodotti dell’estrazione dell’olio d’oliva più nocivi per l’ambiente sono la sansa solida (i rifiuti solidi), le acque di vegetazione e gli scarichi dei frantoi oleari. Essi contengono fenoli, composti cristallini caustici ad alta tossicità che possono causare gravi danni ambientali se non vengono correttamente smaltiti.

Il nuovo impianto di Ence, da un lato, intende contrastare l’impatto negativo sull’ambiente dei sottoprodotti della lavorazione delle olive, e, dall’altro, auspica di sviluppare un’affidabile ed economica alternativa al combustibile fossile.

Il progetto Olive Jifit (Gaza)

Anche altri paesi produttori di olio di oliva stanno cercando di trasformare la sansa in una nuova fonte di energia pulita. Una startup palestinese di Gaza ha lanciato di recente il progetto Olive Jifit. I sottoprodotti solidi di scarto (jifit) ottenuti dalla lavorazione delle olive vengono convertiti in biocarburanti solidi, i pellet, utilizzati per la produzione di energia e il riscaldamento domestico.

Il gruppo è stato fondato da tre giovani palestinesi laureati in ingegneria civile: Tamer Abo Motlaq, 26 anni, Usama Qudaih, 24, e Khaled Abo Motlaq, 24, che hanno portato la loro brillante idea all’estero. Hanno infatti partecipato con successo ad un concorso di beneficenza promosso dalla Chiesa danese, vincendo il primo premio e ottenendo micro-finanziamenti per un totale di 5.000 dollari. L’ONG locale Ma’an Development Center ha fornito al gruppo sia assistenza tecnica che strumenti di coaching.

Nella Striscia di Gaza operano circa 30 frantoi che ogni anno producono circa 150.000 tonnellate di sansa, disponibile quindi in abbondanza. Gli ideatori di Olive Jifit collaborano con alcuni frantoi della municipalità di Absan Al-Kabira, che si trova nella parte sudorientale di Gaza (governatorato di Khan Younis). La quantità di calore generata dalla sansa è maggiore di quella prodotta dalla classica legna da ardere e la sansa è anche più economica dei prodotti petroliferi. I materiali di scarto, invece di diventare rifiuti, vengono finalmente destinati ad una più efficiente e sostenibile produzione di energia pulita.

Fonti: Ence/Al-Jazeera

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