Calore solare completamente rimandato al mittente: con un innovativo materiale a base di legno, che promette di essere ecosostenibile, il calore che proviene dalla nostra stella non entra nelle nostre cose. La ricerca arriva da Università del Maryland e Università del Colorado (Usa) e punta a dare un taglio al consumo di energia elettrica
Calore solare completamente rimandato al mittente: con un innovativo materiale a base di legno, che promette di essere ecosostenibile, il calore che proviene dalla nostra stella non entra nelle nostre case permettendo di risparmiare sul raffrescamento degli edifici. La ricerca arriva da Università del Maryland e Università del Colorado (Usa) e punta a dare un taglio al consumo di energia elettrica.
Il legno non è solo quello che appare: al suo interno, infatti, si trovano minuscole strutture, prevalentemente nanofibre di cellulosa e “camere” fatte apposta dalla natura per consentire il passaggio di acqua e nutrienti. Ed è proprio qui che si sono concentrate le ricerche, portando allo sviluppo di un materiale con proprietà ottiche tali da riflettere la radiazione solare, raffreddandosi naturalmente.
In particolare, rimuovendo la lignina, la parte del legno che la rende marrone e forte, i ricercatori hanno creato un legno molto pallido fatto di nanofibre di cellulosa. Hanno quindi compresso il legno per ripristinare la sua forza. E per renderlo idrorepellente, hanno aggiunto un composto super idrofobico che aiuta a proteggerlo. Risultato? Un materiale da costruzione bianco brillante che potrebbe essere utilizzato per i tetti per allontanare il calore dall’interno dell’edificio.
Foto: Science
Un team che con il legno aveva già lavorato per anni, portando a prototipi di legno trasparente, batterie a basso costo, legno super resistente, legno termoisolante e persino un depuratore d’acqua a base di legno.
“Questo lavoro ha notevolmente ampliato l’uso del legno verso applicazioni ad alta efficienza energetica e ha fornito un percorso sostenibile per combattere la crisi energetica – spiega ora Jian Li, membro dell’Accademia cinese di ingegneria della Northeast Forestry University, che non ha lavorato alla ricerca.
Il materiale, infatti, si propone come alternativa per combattere il consumo di energia, e si allinea al filone del “raffrescamento verde”, oggetto di molteplici studi che mostrano come, per esempio, ricoprire di piante un edificio porti ad un suo raffreddamento naturale di 1-2 gradi, che corrisponde ad un risparmio di circa il 40% in bolletta.
“Quando applicato alla costruzione, questo materiale rivoluzionario si raffredda senza l’apporto di elettricità o acqua” afferma Yao Zhai, co-autore del lavoro.
I test infatti parlerebbero chiaro: in Arizona, dove il clima è sempre caldo e soleggiato, con vento debole hanno dimostrato che il materiale, in media, si manteneva più freddo di circa 5-6°C rispetto alla temperatura ambiente, anche nella parte più calda della giornata e che restava più freddo di circa 12°C rispetto al legno naturale, che si riscalda in presenza di luce solare. I calcoli mostrano, dati alla mano, che gli edifici negli Stati Uniti costruiti dopo il 2004 risparmierebbero in media il 20% dei costi di raffreddamento.
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Anche sul fronte della resistenza nulla da eccepire, mostrandosi più forte dell’acciaio, dieci volte di più del legno naturale. Sarebbe inoltre meno soggetto a danneggiamenti e sosterrebbe un carico maggiore rispetto al legno naturale.
La panacea di tutti i mali ambientali? Andiamo piano. Per quanto il legno sia a tutti gli effetti un materiale rinnovabile, l’industria cresciuta sul materiale non è nota per la sua sostenibilità ambientale, almeno non in generale.
La deforestazione in Amazzonia è aumentata del 75% tra il 2012 e il 2015, e tra le cause del pericoloso e scellerato disboscamento figura anche la produzione, a volte illegale, di legno (oltre che la “necessità” di fare spazio alle coltivazioni intensive).
Ci auguriamo dunque che scoperte come queste, pur lodevoli, non vengano usate come “scuse” per peggiorare situazioni già gravi dal punto di vista ambientale, alimentando un discutibile greenwashing, di cui, francamente, facciamo a meno.
La ricerca è stata pubblicata su Science.
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