Non più grandi di un libro e tre volte più efficienti: ecco i pannelli solari del futuro sviluppati da un gruppo di ricerca dell’Università di Exeter (UK) che produrranno sufficiente energia per alimentare una casa di dimensioni familiari
Non più grandi di un libro e tre volte più efficienti: ecco i pannelli solari del futuro sviluppati da un gruppo di ricerca dell’Università di Exeter (UK) che produrranno sufficiente energia per alimentare una casa di dimensioni familiari.
Pannelli che potremmo definire “a imbuto” saranno così “perfetti”, promettono gli scienziati, da incanalare l’energia della cella limitando le dispersioni e quindi rendendo il guadagno di energia in uscita (elettrica) nettamente superiore ai sistemi tradizionali.
Non solo: il sistema a imbuto sarà utilizzato anche per convogliare l’energia nelle batterie di stoccaggio. In questo modo anche questa sarà decisamente superiore e si potrà intervenire con maggiore efficienza e sicurezza nei periodi di illuminazione inferiori, limitando l’intermittenza.
E in tutto questo ci si aspetta anche un notevole guadagno in termini di spazio: i pannelli saranno infatti non più grandi di un libro e potranno quindi essere trasportati più agevolmente di quanto avvenga oggi, nonché immagazzinati più facilmente a fine vita in attesa di strategie di recupero dei materiali.
“È come versare un liquido in un contenitore, poiché sappiamo che è molto più efficiente se usiamo un imbuto – spiega Adolfo De Sanctis, autore principale del lavoro – Tuttavia, tali canalizzazioni di carica non possono essere realizzate con semiconduttori convenzionali e solo la recente scoperta di materiali atomicamente sottili ha permesso questa scoperta”.
In altre parole l’”imbuto” avviene perché si “costringe” la carica a stare in uno spazio molto ristretto, ma questa alta densità può essere raggiunta solo con materiali particolari, dove gli “spazi vuoti” sono pochi e limitati.
I ricercatori hanno quindi usato il disolfuro di afnio, un semiconduttore costituito da un elemento centrale, l’afnio, noto per la sua distribuzione elettronica intorno al nucleo particolarmente “affollata”, e sono riusciti a sviluppare una tecnica per “incanalare” la carica elettrica su un chip, e in particolare su un’area specifica, dove l’efficienza di conversione dell’energia risultava maggiore.
Mentre le attuali celle solari sono in grado di convertire in energia elettrica circa il 20% dell’energia ricevuta dal Sole, la nuova tecnica ha il potenziale per convertire circa il 60%, ovvero tre volte tanto. E in uno spazio decisamente inferiore. Addio fossili?
Il lavoro è stato pubblicato su Nature Communications.
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Roberta De Carolis
Foto: Università di Exeter