Alcuni ricercatori, tra cui Steven Novack, dell’Idaho National Laboratory del dipartimento americano dell’Energia, hanno ideato uno strumento per recuperare l’energia solare che viene rilasciata anche dopo il tramonto: quella che non si vede ma c’è! Questa energia infatti è nascosta e invisibile agli occhi umani, ma se ben sfruttata potrebbe fornire una copertura energetica costante, durante le 24 ore della giornata, superando così anche l’ultimo limite dei pannelli solari.
Fino ad oggi il limite più grande dei pannelli solari è stato quello di poter funzionare soltanto di giorno nelle ore di luce, ma oggi – a quanto pare- un gruppo di studiosi americani ha trovato una soluzione anche per questo!
Alcuni ricercatori, tra cui Steven Novack, dell’Idaho National Laboratory del dipartimento americano dell’Energia, hanno ideato uno strumento per recuperare l’energia solare che viene rilasciata anche dopo il tramonto: quella che non si vede ma c’è! Questa energia infatti è nascosta e invisibile agli occhi umani, ma se ben sfruttata potrebbe fornire una copertura energetica costante, durante le 24 ore della giornata, superando così anche l’ultimo limite dei pannelli solari.
Ecco la differenza con i pannelli solari tradizionali
I pannelli attualmente in uso hanno bisogno dei raggi del sole diretto per far in modo che i fotoni provenienti dalla luce del sole colpiscano i cristalli di silicio, creando così un movimento di elettroni in grado di produrre energia.
I nuovi pannelli invece si basano sulla radiazione infrarossa, e la cosa si fa interessante se pensiamo che il 50% dell’energia trasportata dai raggi solari sul nostro pianeta è di tipo infrarosso. Una radiazione che ha lo stesso effetto della luce solare: scalda il pianeta! Di notte infatti il terreno che ha accumulato energia durante le ore di luce solare rilascia energia a infrarossi.
Per capire il meccanismo, basta pensare all’acqua del mare, che rimane calda anche di notte grazie all’energia accumulata durante il giorno.
Attualmente, questo tipo di energia viene catturata da particolari antenne, che riescono a immagazzinarla in grande quantità, ma per portare fino in fondo l’esperimento sono necessari ancora altri studi e soprattutto investimenti per realizzare gli impianti e mettere in pratica questa scoperta.
Chissà se nel nostro Paese qualcuno si farà avanti…
Verdiana Amorosi
Per saperne di più leggi l’articolo su New Scientist