Nel 2011 l’idea del nucleare sembrò (per una seconda volta) lasciarci definitivamente con il referendum. Ma in realtà non è mai stato così. Ansaldo Energia, la società genovese di impianti energetici, ha firmato un accordo con la compagnia elettrica francese Électricité de France (EDF) e la sua controllata italiana Edison per una cooperazione proprio nel settore dell’energia nucleare. Una possibilità che viene messa al vaglio anche in Italia, con buona pace di chi sa cosa (non) voglia dire “nuovo nucleare”
La longa manus delle lobby del nucleare vigila ancora su di noi. Una mannaia quasi, se si considera che un giorno sì e l’altro pure c’è chi è pronto a giurare che sia il nucleare, appunto, la vera soluzione alla crisi climatica e a quella energetica.
Ne sono un esempio le parole nette che si ritrovano nella “Lettera di intenti per lo sviluppo del nuovo nucleare” rilasciata nei giorni scorsi da Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, EDF e Edison che rendono noto di aver sottoscritto un’intesa per “collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia”.
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Date le crescenti esigenze di sicurezza e indipendenza energetica del sistema elettrico italiano – si legge per l’appunto. […] al contempo di avviare una riflessione sul possibile ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia.
E si legge ancora:
Nella visione dei quattro firmatari, l’energia nucleare può svolgere un ruolo complementare a quello delle fonti rinnovabili, garantendo stabilità e contribuendo alla sostenibilità ambientale del sistema elettrico, alla luce degli ambiziosi target di decarbonizzazione europei e italiani che fissano al 2050 il raggiungimento della neutralità climatica. L’energia nucleare, infatti, è una delle fonti di generazione con le minori emissioni di CO2, che assicura un ridotto consumo di suolo rispetto alla potenza elettrica installata e consente un’ottimale programmabilità della produzione. Inoltre, gli Small Modular Reactor hanno caratteristiche di sicurezza molto elevate, richiedono investimenti contenuti e possono essere utilizzati per produrre energia elettrica e termica, rispondendo in modo versatile alle esigenze del sistema elettrico e dei territori.
Dunque? Cos’è che non convince
Sul “nuovo” nucleare c’è da aprire il (solito) dibattito, perché l’accordo farebbe riferimento a tecnologie di certo non nuove alle nostre orecchie, gli European pressurized water reactor (Epr) e gli Small modular reactor (Smr).
È dalla Francia, dalla centrale nucleare di Flamanville 3, che arriva l’esempio di tecnologia Epr, un progetto che EDF sta tentando di concludere da anni.
Si tratta del reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata, noto appunto con la sigla EPR (European Pressurized Reactor o Evolutionary Power Reactor) ed è un reattore nucleare ad acqua in pressione di generazione III+. Con il suo impianto di conversione, è progettato per fornire alla rete elettrica una potenza nominale di circa 1600 MW.
Il referendum del 2011 – il secondo dopo quello del 1987 – bloccò il programma nucleare che includeva quattro reattori EPR, secondo il memorandum Berlusconi-Sarkozy. L’unico EPR in Francia è tuttora in costruzione dal 2007 e a costi esorbitanti, oltre 19 miliardi secondo la Corte dei Conti francesi, ci ricorda Giuseppe Onufrio, direttore Greenpeace Italia.
EDF aveva avviato, in Francia nel 2015, lo sviluppo di questo reattore ad acqua pressurizzata ad alta potenza, con circa 1.670 megawatt, mentre i reattori più vecchi della flotta francese sono 900 megawatt. Il gruppo aveva presentato la proposta di costruire sei EPR 2 su siti esistenti, in coppia: prima a Penly (Seine-Maritime), vicino a Dieppe, poi a Gravelines (Nord) e, infine, a Bugey (Ain) o a Tricastin (Drôme).
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Quanto agli Small modular reactor, si tratta di reattori nucleari a fissione di piccole dimensioni (occupano quasi il 10% dello spazio di una centrale tradizionale e sono generalmente impiegati all’interno di grandi navi).
Ma anche in questo caso – prosegue Onufrio – nessuno dei problemi fondamentali del nucleare è risolto dalle diverse opzioni in campo per gli SMR.
La soluzione? – ci commenta il direttore Greenpeace Italia -: fonti rinnovabili e accumuli – batterie industriali e pompaggi idroelettrici – che costano meno. Se si riesce ad andare oltre la burocrazia si possono costruire in tempi ragionevoli, non presentano rischi e non lasciano scorie nucleari da gestire per secoli, questione irrisolta peraltro in Italia.
La mozione
Intanto, dopo la firma dell’accordo il presidente dei deputati di Forza Italia, Alessandro Cattaneo, e il deputato e responsabile del Dipartimento Energia di Forza Italia, Luca Squeri, hanno presentato una mozione per il rilancio del nucleare in Italia.
L’obiettivo europeo di zero emissioni nel 2050 – si legge nel testo della mozione – sarà difficilmente raggiungibile con il solo utilizzo di energie da fonti rinnovabili diverse dal nucleare. E non possiamo non considerare che molti Paesi, tra cui Gran Bretagna, Russia, India, Cina e Francia, stanno proseguendo l’investimento in energia nucleare.
Ed è così che Forza Italia sta chiedendo al Governo di lavorare perché la produzione di energia atomica di nuova generazione sia inclusa nella politica energetica europea.
A tutto questo si aggiungono due cose: la prima è che, nel caso si decidesse per davvero che l’Italia debba tornare al nucleare, i benefici si vedrebbero comunque molto tardi rispetto alla urgente necessità di abbattimento delle emissioni da qui al 2030 (l’esperienza di altri Paesi come quella del terzo reattore di Olkiluoto, in Finlandia, o della stessa Flamanville, in Francia, ci insegna che i tempi e i costi si moltiplicano di ora in ora); la seconda è che in ogni caso è sotto gli occhi di tutti che le centrali oggi disponibili di terza generazione non hanno eliminato ancora il serio problema delle scorie nucleari e del loro smaltimento.
Un problema, peraltro, che in Italia non trova una soluzione da decenni.
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