L'innovazione e la ricerca applicata al fotovoltaico sta facendo passi da gigante per trovare alternative più valide al silicio e ai tradizionali pannelli fotovoltaici. Ecco le migliori 7 secondo noi
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Il silicio sarà ancora per almeno dieci anni il materiale principe per la costruzione di pannelli fotovoltaici, dopodiché lo sviluppo di nuove tecnologie per trasformare in modo sempre più efficiente e meno costoso l’energia solare in energia elettrica, potrebbe spostare l’attenzione verso altre soluzioni o diminuirne l’utilizzo. Cerchiamo allora di capire quali sarebbero le soluzioni alternative non solo al silicio, ma anche allo stesso modulo fotovoltaico alla base dell’energia solare.
Ecco, di seguito, le sette proposte che ci sono sembrate più valide:
Fotovoltaico a concentrazione (o termodinamico)
Grafene
Si tratta in questo caso di un materiale ancora oggetto di studio, ma che presenta caratteristiche a dir poco miracolose: semitrasparente, eccellente conduttore di elettricità, resistentissimo (cento volte l’acciaio), flessibile e, soprattutto, fotovoltaico. Inutile sottolineare come queste caratteristiche (e forse altre che verranno scoperte in futuro) potrebbero rendere il grafene che quest’anno è valso ai suoi “inventori” il premio Nobel, un ottimo sostituto del silicio.
Fotovoltaico “organico”
Ormai lo si conosce con questo nome, ma in alternativa si usa anche il termine biofotovoltaico. Definizione a parte, è un’altra delle promesse del futuro in fatto di energia solare, basata questa volta su materiali di origine vegetale o comunque “organica”. I vantaggi sono la reperibilità e abbondanza dei materiali stessi (quindi costi molto bassi), ma il problema principale, ancora da risolvere, è l’instabilità dei materiali, in particolare alle alte temperature. Inoltre, la longevità di una cella fotovoltaica “organica” è tuttora piuttosto bassa.
Nanotecnologie
Molto semplicemente, tutte quelle proposte che si basano sulla progettazione e realizzazione di dispositivi in scala dimensionale inferiore al micrometro (tra 1 e 100 nanometri). Nel campo del fotovoltaico non sono ancora molte, anche se alcune, come quella “ad antenne” sviluppata dal MIT di Boston, hanno già fatto il giro del mondo.
E fin qui, i quattro filoni di ricerca più importanti. Passiamo ora, con le ultime tre alternative, a quelli che sono i progetti più… estremi.
Fotobioenergia
È il tentativo di imitare quel processo naturale che prende il nome di fotosintesi clorofilliana. Si tratta, in pratica, di una fotosintesi artificiale, basata prò sugli stessi elementi di una vera fotosintesi: l’acqua, l’anidride carbonica e il sole. Per ora la ricerca è agli albori, e forse l’unico progetto serio è quello sviluppato dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e dal Lawrence Berkeley National Laboratory, che hanno messo a punto una tecnologia – anch’essa basata sulle nanotecnologie – chiamata “Watzburg Nanocapsules”.
PETE (Photo Enhanced Thermionic Emission)
con questa sigla si fa riferimento alla rivoluzionaria cella fotovoltaica messa a punto dagli ingegneri della Stanford University (California), che consentirebbe di sfruttare non solo l’intero spettro solare, ma anche il calore prodotto come “scarto” del processo. Le celle PETE sarebbero quindi più economiche poiché più redditizie in termini di potenza. Tuttavia, pur non essendo necessario il silicio per fabbricarle, queste celle hanno alla base altri tipi di materiali rari, come ad esempio il gallio.
Polimeri conduttori
non sono altro che materiali plastici in grado di condurre la corrente elettrica. Il loro utilizzo, in questi ultimi anni, è stato testato anche sui pannelli solari, con risultati più o meno incoraggianti. In questo senso, oltre allo studio condotto dall’ingegnere Yueh-Lin Loo dell’Università di Princton, ci sarebbe anche chi ha proposto una versione spray dei polimeri, da applicare alla finestra di casa…
E se quest’ultima alternativa al silicio vi sembra davvero troppo, sappiate che c’è anche un diciottenne nepalese – Milan Karki – che ha realizzato un pannello solare del costo di 30 euro circa utilizzando come materiale base, indovinate un po’, i capelli raccolti dal suo parrucchiere!