L’altra faccia di Golar Tundra, il rigassificatore di Piombino

Arriva dritta dritta a Piombino dal cantiere Keppel di Singapore la mega imbarcazione che, secondo i piani, stoccherà circa 170mila metri cubi di gas naturale liquefatto. Insieme a quella che giungerà presto a Ravenna, farà il paio per far fronte alla “attuale criticità energetica”. Ma siamo davvero in emergenza? Realizzare nuove infrastrutture per le fonti fossili non è un errore?

Si chiama Golar Tundra e sarà operativa da maggio la nave-rigassificatore da 5 miliardi di metri cubi di gas l’anno, pari al (solo) 6% del fabbisogno nazionale. Dopo quasi un mese di navigazione, ha fatto il suo trionfale ingresso ieri sera 19 marzo nel porto di Piombino e qui ci rimarrà, secondo i piani, almeno tre anni (a pochi metri dalle abitazioni) per poi spostarsi nell’Adriatico.

La Golar Tundra può operare sia come nave metaniera per il trasporto del gas naturale liquefatto (GNL) sia come Fsru (sigla che sta ad indicare Floating Storage and Regasification Unit). Qui, in Toscana, svolgerà funzione di rigassificatore e sarà rifornita a intervalli regolari da navi metaniere.

Leggi anche: Rigassificatori: che cosa sono, come funzionano e quanti sono in Italia (facciamo un po’ di chiarezza)

Come funziona la Golar Tundra

Costruita nel 2015, la Golar Tundra è lunga circa 292,5 metri, larga circa 43,4 metri e alta circa 55 metri. Ha quattro serbatoi di stoccaggio di Gnl nella parte centrale dello scafo e un impianto di rigassificazione a prua.

In realtà, saranno due le navi rigassificatrici: oltre alla Golar Tundra, ci sarà anche la Bw Singapore, l’altra nave Fsru che sarà a Ravenna. Insieme, secondo i dati ufficiali, contribuiranno al 13% del fabbisogno energetico nazionale.

La Golar preleverà acqua dal mare per riscaldare il gas e riportarlo dallo stato liquido al gassoso e poi rimetterà in acqua 86 chili di ipoclorito di sodio al giorno, il principale ingrediente della candeggina, indi per cui è facile intuire l’impatto che potrà avere anche solo sulla fauna marina. Inoltre, una volta a settimana, la Golar sarà affiancata da una metaniera che scaricherà il gas nel rigassificatore.

Al momento, la Snam, la società che ha acquistato la Golar, non ha ancora prodotto la relazione definitiva sulla sicurezza, condizione che tra l’altro sarebbe necessaria al Comitato tecnico regionale per esprimere un parere e far emettere a sua volta l’eventuale Autorizzazione integrata ambientale. Ecco perché il Tar del Lazio ha rinviato al prossimo 5 luglio la decisione sul ricorso del Comune contro l’impianto.

Ma davvero saremo indipendenti?

La domanda piuttosto è: ma davvero siamo così dipendenti?

Quando arriverà l’altra nave a Ravenna – ha detto Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, interrogato ai microfoni di Radio24 – azzereremo del tutto la dipendenza. Siamo già passati dal 40% di import di gas dalla Russia nel 2021 al 16% dello scorso anno. Con queste navi completeremo la nostra autonomia.

Ma siamo proprio sicuri? Eppure, come dimostrano gli stessi dati ministeriali, sono piuttosto voluminose le esportazioni che di gas italiano facciamo verso il mercato europeo: secondo Altreconomia, nel 2022 si è registrato un record del +578%.

export italia gas

©Altreconomia

Un volume – si legge nel report – che non ha pari negli ultimi 15 anni e che è persino superiore alla produzione interna (a quota 1.368 milioni di metri cubi equivalenti). Questi dati stridono con la retorica fossile vuole puntare su nuovi (e inutili) impianti per mettere in sicurezza le riserve strategiche di gas in vista dell’inverno e del possibile azzeramento delle forniture da parte di Mosca.

Secondo gli ambientalisti, inoltre, l’impianto prevede uno smisurato traffico di navi metaniere nei nostri mari, incremento dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, rischio di incidenti gravi e ulteriore dipendenza dal sistema delle fonti fossili.

È poi WWF a evidenziare tutte le problematiche legate agli impatti delle opere a terra del rigassificatore rispetto al sito “Padule Orti-Bottagone”, classificato come Zona Speciale di Conservazione e Zona di Protezione Speciale della Rete Natura 2000 dall’Unione Europea, designato come Important Bird Area, candidato a diventare zona Ramsar e in buona parte sovrapposto alla Riserva Naturale Regionale “Padule Orti-Bortagone” che rientra nella rete delle Oasi WWF in base a un accordo per attività di gestione e conservazione della biodiversità sottoscritto dal WWF e dalla Regione Toscana.

Abbiamo sottolineato come qualsiasi intervento sul sito meritasse la massima cautela, al fine di rispettare i valori di biodiversità che esso contiene e gli impegni assunti al riguardo dall’Italia a livello europeo ed internazionale: una cautela che, purtroppo, è mancata nella valutazione dei possibili effetti sulla fauna, nella corretta ponderazione dell’impatto delle emissioni sonore e delle polveri, nella superficiale analisi condotta circa gli effetti su almeno due corsi d’acqua presenti nel sito, come il Fosso Cosimo e il Fiume Cornia, si legge in una nota stampa.

La sensazione, insomma? Che nel Paese del sole e del vento si continua a favorire la lobby del fossile, senza alcun scampo per una reale e sicura transizione energetica.

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